Qualche riflessione (fuori dal coro) a poche ore dall’uscita dell’Italia dal Campionato europeo. No al vizio italico: o troppo disfattisti,o troppo trionfalisti. Certi commenti sgomentano

Tanti elogi per gli azzurri usciti dal Campionato europeo. Meritati. Tattica e spirito di abnegazione degni di ogni applauso. C’era da sputare sangue sul campo e tutti,da Buffon all’ultima riserva, l’hanno fatto. Tornano a casa consapevoli d’aver dato tutto quello che era possibile dare. E forse anche un po’ di più.

Tutto ciò giustamente premesso, consentiamoci la libertà di uscire fuori da un coro purtroppo- sia detto con rammarico- molto italico: esageratamente disfattista quando riteniamo di non essere capaci di vincere, smisuratamente trionfalisti quando supponiamo di poter salire sul carro dei presunti vincitori. Quando si seguono le vicende sportive il misurato equilibrio non è una virtù richiesta per legge, però certamente può aiutare a non sparare sentenze troppo estremiste sui due fronti. Sulla scorta di questa riflessione proviamo ad approfondire sia la partita con la Germania, sia il complesso del nostro torneo europeo.

La sfida con i teutonici ha un duplice aspetto che soltanto i facili trionfalisti ignorano o fingono di ignorare: l’abbiamo splendidamente giocata…all’italiana, difendendoci con ordine e grinta. Ma ci siamo accorti che in più di 120 minuti l’unico tiro nella porta avversaria è il rigore ben trasformato da Bonucci? Sì, certo, irretendo l’abituale manovra germanica, abbiamo costretto i tedeschi a non fare i tedeschi. E non è poco. Però se ricorriamo al logoro paragone col pugilato, dobbiamo ammettere che ai punti avrebbero prevalso gli arcigni teutonici, quasi costantemente protesi ad attaccare una difesa (juventina) fra le più forti del mondo.

Uno sguardo all’Europeo italiano nel complesso delle gare disputate? Siamo andati benino col Belgio, malino con la Svezia (pur vincendo senza merito in extremis), abbiamo perso (gonfi di riserve) con l’Irlanda e ci siamo battuti con indubbio decoro contro una Spagna al lumicino delle sue vecchie risorse tecniche.

Di colpo- seguendo l’ondata umorale indicata poche righe sopra- abbiamo scoperto d’essere ‘’forti, tanto forti’’. Ed è stato un inno smisurato subito cantato anche da quei giornalisti che immaginano di capire il calcio più e meglio di tutti. Pronti, naturalmente, a ripuntare l’ ‘’indice avverso’’ fra qualche settimana quando, con il nuovo CT Gianpiero Ventura, ci metteremo in cammino verso il Mondiale. Nel giornalismo- anche quando si affronta la politica o la cronaca giudiziaria- un po’ di senso della misura non guasterebbe. Un esempio per tutti? Lo scorso autunno parecchie supponenti maestri del pensiero calcistico si affrettarono a profetizzare che l’ Inter avrebbe di sicuro vinto lo scudetto e che la Juventus avrebbe lottato per non scivolare nelle zone basse della classifica. E’ inutile ricordare come, in effetti, è finito il campionato.

Altro esempio: dopo le elezioni europee molti soloni salirono in cattedra annunciando la morte politica dei ‘’Cinque stelle’’. Ora gli stessi lettori delle palle di vetro si sbracciano per riempire di elogi gli allievi di Beppe Grillo.

Siamo sinceri: non siamo un po’ provinciali quando per un paio di valide partite ci sbrighiamo a gridare che ‘’abbiamo il più grande allenatore del mondo’’ e che ‘’siamo in grado di battere ogni avversario’’.

Calma, ragazzi! Prendiamo atto, con piacere, delle valide prove fornite da una Nazionale coralmente vituperata fino a poche settimane fa. E ringraziamo- questo sì- capitan Buffon e soci per la magnifica abnegazione garantita sui campi negli ultimi quindici giorni. Per il resto attendiamo con calma e tranquillamente fiduciosi, senza pretendere di essere ‘’ i migliori’’ per un paio di tonificanti successi, e senza strapparsi i capelli (chi ce li ha…) di fronte ad un momento storico meno esaltante.

Questa analisi della nostra ‘’missione spagnola’’ appare ‘’fuori luogo’’ ai frequentatori di ‘’Umbria domani?’. Mi dispiace se ho inquietato qualcuno. E naturalmente sono pronto a ricevere le motivatissime tirate d’orecchie. Però resto convinto che si vuol bene alla Nazionale anche quando non la si ricopre di aggettivi, come fanno quelli che estremizzano nei due sensi.

RINGHIO

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