UN 25 APRILE CHE FA DISCUTERE

di Pierluigi Castellani

La festa di liberazione, celebrata il 25 aprile di ogni anno dovrebbe essere un momento di memoria unificante per tutte le anime del paese. Nel 1945 il 25 aprile infatti non fu solo la sconfitta del nazifascismo, fu anche l’inizio di quel percorso che ha portato alla fondazione di un’ Italia repubblicana e democratica i cui principi ispiratori sono scritti , in modo indelebile, nella nostra Costituzione. Quest’anno invece il 25 aprile rischia di far emergere che quel comune sentire non sia ancora patrimonio comune di tutta la società italiana. E non c’è solo la proibizione, da parte di un sindaco di un comune del Nord Italia, agli alunni della scuola di cantare Bella Ciao, perché canto “divisivo”, c’è anche la concomitanza  con il perdurare della guerra in Ucraina, scatenata dall’invasione russa, che porta distinguo, se non aperte contrastanti valutazioni, all’interno della stessa ANPI, l’associazione fondata dai partigiani per tener viva la memoria del contributo degli antifascisti italiani  alla lotta di liberazione. C’è chi, sposando il pacifismo neutralista di fronte all’aggressione russa all’Ucraina, recita il ” no alla Nato e no alla Russia”, evocando lo sciagurato “no allo Stato e no alla Br” dei difficili anni di piombo,  che portarono al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro. A questo atteggiamento non è estraneo il permanente antiamericanismo che si annida in tanta parte della sinistra italiana, dimenticando che in questo caso non si tratta di negare le colpe dell’America e dell’Occidente per altre guerre avviate in paesi come il Vietnam e l’Iraq, ma di prendere atto dell’orrore che è sotto i nostri occhi per il bombardamento a tappeto di città e villaggi di un paese, che non si può certo negare che sia stato aggredito. Infatti questo 25 aprile non potrà non misurarsi con il triste spettacolo offerto dalla devastazione della pianura ucraina, dei tanti civili, compresi bambini, vittime innocenti di questa guerra esplosa nel cuore stesso dell’Europa. C’è poco da aggiungere, in proposito, a quanto detto dalla senatrice Liliana Segre, infaticabile testimone della Schoah,: ” Mi auguro al più presto la pace. L’equidistanza non è possibile, il popolo ucraino è stato aggredito dai russi e la sua resistenza va sostenuta”. Il tentativo di distinguere resistenza da resistenza non solo è ipocrita ma anche pericoloso, perché in questo modo rischia di non fare onore ai tanti giovani, italiani armati, non dimentichiamolo, anche dagli alleati, che hanno dato la vita perché nascesse la nuova Italia e lo hanno fatto  affermando il diritto di ogni popolo a difendere la libertà, la democrazia e la pace. Che questo 25 aprile non sia quindi terreno di scontro di opposte ideologie, né un’occasione persa per riflettere quanto ancora sia lunga la strada per costruire un mondo dove non ci sia più spazio per violenze ed aggressioni e perché si maturi in tutte le coscienze la inderogabile necessità di custodire sempre un’agognata aspirazione alla pace.