Perugia, da 9 anni una famiglia lotta per la verità sulla morte del figlio: il giudice ordina alla Procura altre indagini

Per il Gip del Tribunale di Perugia ci sono elementi che meritano di essere ulteriormente sviluppati e per questo chiede una indagine suppletiva. Non è, quindi, ancora chiusa la vicenda di Nicola Romano, il giovane di 26 anni trovato morto il 17 agosto del 2013 in via Mater Dei, nella sua abitazione a Perugia. Il giudice, infatti, ha accolto il ricorso dei familiari contro la decisione della Procura di archiviare il caso in quanto morte dovuta ad overdose. La decisione della Procura non ha mai convinto la famiglia di Nicola. I familiari del 26enne sono convinti che si sia trattato di un omicidio per soffocamento. A supporto della loro tesi hanno prodotto perizie, immagini e informazioni raccolte subito dopo. Già nel 2014 la Procura aveva chiesto l’archiviazione che aveva però trovato l’opposizione dei familiari del ragazzo. Le stesse perizie erano discordanti. Per il consulente della Procura, che ha eseguito l’autopsia, Nicola sarebbe morto per una intossicazione acuta da morfina mentre i consulenti della famiglia del ragazzo ipotizzavano un decesso per soffocamento, mettendo in luce il basso valore della morfina. C’è poi un fatto avvenuto pochi giorni prima della morte: Nicola era stato aggredito da soggetti rimasti ignoti nel centro storico di Perugia. ” Subito dopo essere stato picchiato a sangue era andato in Croazia perché aveva paura di essere ucciso. E’ tornato pochi giorni prima, per recarsi a Napoli. Tornato a Perugia è stato trovato morto. Abbiamo indicato una serie di nomi, di chi c’era quella sera e di chi l’ha visto l’ultima volta. Ma non sono mai stati sentiti. Sulla tomba ignoti hanno scritto in dialetto ‘Adesso non lo fai più il tonto'”,  così la sorella  di Nicola, Maria Chiara Romano,  sei mesi fa al Corriere dell’Umbria. Ci sono poi i racconti della mamma della vittima che si sarebbe recata la sera prima a casa del figlio, in quanto non riusciva a contattarlo. Il ragazzo avrebbe risposto alla madre senza però aprire la porta, dicendole “di stare tranquilla”. La stessa mamma avrebbe poi raccontato di aver sentito “le voci di più persone che provenivano dall’interno della abitazione e che il figlio, nel rispondere, aveva indicato il nome di un amico”. C’è inoltre un altro particolare emerso dall’attività investigativa: quando le forze dell’ordine sono entrate nell’appartamento hanno trovato “sedie rovesciate e mobili fuori posto” con un vicino (oggi morto) che ha affermato di “avere sentito verso le due di notte un gran trambusto”. Infine, sarebbe stata ritrovata, non accanto al corpo, una siringa senza ago mai ritrovato, “nel lavello vi erano tre bicchieri con del liquido”. Da parte sua la Procura, dopo la prima opposizione, ha fatto eseguire un’altra perizia che però avrebbe – più o meno – confermato la prima “escludendo la morte per soffocamento, in quanto il cadavere non ne presentava i segni”. A distanza di nove anni il caso resta quindi aperto con il giudice che ordina alla Procura di effettuare indagini suppletive concedendo altri sei mesi per fare tutti gli approfondimenti necessari.