Silvestrini, contrasti e dissensi tra primari: l’assenza di scelte e la debolezza della governance. La triste cena al ristorante “Laghetto”.

Quando una casa rischia di prendere fuoco servono bravi pompieri, non è il momento di pulire i vetri e rassettare i letti. Ma per farlo occorre avere una idea ,   una governance capace e non basta la velleità. L ‘aspirazione e il desiderio di “adda passà ‘a nuttata” non fa  il caso dell’Ospedale più importante dell’Umbria.  Anche perchè di sole ne arriva sempre meno , la notte è sempre più buia e l’ottimismo degli operatori sta scemando. Poi succede che gli animi si scaldano, la tensione cresce e il nervosismo cambia lo stato d’animo delle persone. Per placare e quietare l’ambiente occorre però organizzare bene i servizi e prendere decisioni. Tra l’altro al Silvestrini storicamente la convivenza tra ospedalieri e universitari non è stata mai semplice, con lotte intestine che hanno infuocato il clima. L ‘ultimo episodio sarebbe avvenuto una quindicina di giorni fa, quando una cena organizzata per favorire un rappacificamento si è trasformata in una lite furibonda. Fulmini e saette al ristorante-pizzeria il ” Laghetto”, non lontano dal Silvestrini, tra due pezzi da novanta della chirurgia perugina, uno ospedaliero e l’altro universitario. Una cena andata di traverso ai presenti, dalla rappacificazione si è passati alla rottura totale.  Erano presenti illustri professori ordinari, il commissario dell’azienda ospedaliera e naturalmente i due che si sarebbero ” sfidati a duello “.  Due gentiluomini che avrebbero perso la calma di fronte al “capo” dell’azienda e ad altri sei colleghi. Così sarebbero andate le cose raccontate da alcuni, naturalmente dai presenti nulla trapela e bocche chiuse. Ma di cose ne sono successe tante in questi giorni che confermano il momento terribile dell’ospedale perugino: dalle proteste dei genitori della pediatria allo scontro tra primari dell’oncologia. E’ stato il coordinatore della rete oncologica regionale dell’Umbria, Professor Fausto Roila ad aprire il dibattito. ” Siamo al collasso – aveva detto lo stimato professionista – ogni giorno visitiamo 150 persone che aspettano diverse ore, il personale è all’esasperazione e con i fondi di cui disponiamo fra poco non si potrà fare più ricerca “. Apriti cielo, nel giro di poche ore intervengono altri stimati direttori di strutture complesse (primari)  che accusano il collega di ” rappresentazione semplicistica “. Antonio Rulli , Angelo Sidoni e Cynthia Aristei accusano i responsabili della rete oncologica regionale  di non aver coinvolto ” tutte le figure professionali interessate “. Insomma sarebbe mancata la multidisciplinarietà. Ma , al di là delle polemiche, la verità sta in quella “esasperazione ” alla quale faceva accenno il professor Roila.  Condizioni di lavoro disumane, dignità professionale mortificata e, spesso, insulti di ogni tipo dal primo che capita. Eppure parliamo di persone, non solo medici, che stanno tenendo in piedi il Silvestrini. Operatori che dimostrano di avere un grande spirito di sacrificio, una dedizione assoluta e disinteressata al bene altrui e un forte senso del dovere. Una abnegazione che hanno dimostrato anche in questi giorni di fronte all’emergenza del coronavirus.  Purtroppo , il tutto, in totale solitudine.