Infiltrazioni mafiose in Umbria, Cardella: “Ambiente e rifiuti settori a rischio”

PERUGIA – Il settore dell’ambiente può essere fonte di rischio di infiltrazioni mafiose perché economicamente vantaggioso, dove si fanno gli affari migliori. E poi che quello dell’ambiente che, a sua volta, richiama il settore dello smaltimento dei rifiuti. Lo ha detto Fausto Cardella, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Perugia, agli studenti di Scienze politiche, al corso organizzato dall’Ateneo, in collaborazione con «Libera» su ‘Educazione alla legalità e alla lotta alla mafia’. Proprio Perugia è stata al centro dello scandalo-Gesenu dopo il commissariamento del prefetto per possibilità di infiltrazioni nella società. E che è in corso un’indagine congiunta Forestale-Finanza sull’illecito smaltimento. Al centro dell’intervento di Cardella, introdotto dal vicerettore Fabrizio Figorilli e dal professor Segatori, proprio il tema delle infiltrazioni mafiose della regione. Alla lezione era presente anche il Rettore Franco Moriconi.

Cardella – scrive la Nazione oggi – svela un altro dettaglio sul quale riflettere riflettere: «Indagini della Dda hanno confermato che in Umbria c’è un movimento di denaro che talvolta è sospetto, talvolta è conclamato con denaro di illecita provenienza. E’ un fatto di enorme gravità – aggiunge – perché droga l’economia sana di una regione».

Ma il procuratore – scrive Erica Pontini della Nazione – fa una distinzione tra infiltrazione e radicamento: «In Umbria c’erano segni di infiltrazioni mafiosa testimoniati da questo flusso di denaro ma non c’erano forme di radicamento. Non venivano colti i segnali tipici come pizzo o estorsioni».

C’è un’indagine della Dda che ha cristallizzato la possibilità dell’esistenza di una ’ndrina autonoma che, coniando i metodi della n’drangheta, si sarebbe insediata nel capoluogo umbro a suon di estorsioni. «C’è un allarme e ci sono indizi piuttosto gravi – spiega ancora – ma dobbiamo comunque attendere l’esito del dibattimento».

Cardella ha spiegato ai giovani come siano lontani nel tempo i primi ‘segnali’. Ha raccontato che Salvatore Buscemi, capomandamento, aveva «suoi riferimenti» a Perugia nei primi anni ’90 e che a Terni «c’era una colonia dei casalesi. Tantissimi non facevano nulla di illecito ma se andavi a cercare un latitante lo trovavi a casa loro». E poi i supermercati acquistati dai prestanome di Salvatore Lo Piccolo.

«L’umbria – conclude Cardella nell’articolo della Nazione – si trova in una situazione gravemente a rischio ma non paragonabile ad altre zone».

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