Jp Industries, da quasi cinque mesi lavoratori senza cassa integrazione

NOCERA UMBRA – Nonostante gli ammortizzatori siano stati prorogati per due anni, i lavoratori della Jp Industries non hanno percepito ancora nulla Una problematica seria per chi, spesso, si vede a venir mancare l’unica fonte di reddito. Il caso è sollevato dal consigliere regionale Andrea Smacchi (Pd) all’indomani dell’ultimo incontro al Mise sul futuro dell’azienda.

“Mentre continuano gli incontri ministeriali per arrivare alla ripresa della Jp, si consuma il dramma dei lavoratori dell’azienda, che dallo scorso dicembre non ricevono la cassa integrazione a causa di ritardi nella firma del decreto”, spiega il consigliere, ricordando che la situazione riguarda 700 lavoratori tra Umbria e Marche. “L’allarme tra i lavoratori è notevole – spiega l’esponente della maggioranza – perché quello attuale è il periodo più lungo di blocco degli ammortizzatori nella storia della vertenza. Nonostante i pareri positivi degli uffici preposti, manca ancora la firma del ministero del Lavoro e questo sta provocando disagi a chi vede interrotta la sua unica fonte di reddito. È fondamentale dunque che gli uffici ministeriali sblocchino il prima possibile la pratica, andando incontro a tale esigenza dei lavoratori”.

Per quanto riguarda la ripresa produttiva della JP, Smacchi richiama alla “concretezza e alla velocità. Continuano infatti gli incontri – spiega -, ma siamo quasi alla metà del primo anno di cassa integrazione, concessa per la ripresa dell’azienda, e di risultati tangibili ancora neanche l’ombra, se non la presentazione di un piano industriale che però non è ancora partito. È opportuno dunque – conclude – che, nel tavolo ministeriale che periodicamente si riunisce, tutti gli attori svolgano il proprio ruolo, mettendo al primo posto solo ed esclusivamente il futuro dell’azienda, dei lavoratori e di un intero territorio”.

Nell’ultimo incontro infatti ancora pochi risultati, se non quello di un incontro tra Porcarelli e le banche, teso a sbloccare il momento di stasi che si è creato. L’azienda non può ripartire senza un prestito di almeno 20 milioni ma gli istituti non sembrano ancora intenzionati a concederlo.

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