Perugia, perse 1.586 imprese artigiane in quattro anni

PERUGIA – Al 31 marzo le Imprese Artigiane attive in provincia erano 16.738: un numero mai così basso da cinque anni a questa parte. Lo rileva la Camera di Commercio, Industria analizzando lo stato dei comparti artigiani riferito al I trimestre dell’anno 2016.

In quattro anni, dal primo trimestre 2012 al primo 2016, il sistema artigiano perugino ha perduto 1.586 imprese, passando da 18.324 unità alle attuali 16.738. Come dire, che dal 31 marzo 2012 non è passato giorno senza che chiudesse almeno una azienda artigiana.

“Le imprese artigiane – commenta Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia – sono quelle che più di tutte hanno risentito degli effetti della crisi. E ancora oggi, con la crisi che sembra definitivamente avviata verso la fine, l’Artigianato è la sola categoria economica che continua a registrare cali significativi delle imprese attive”. Lo prova l’andamento delle iscrizioni nei primi 90 giorni del 2016 ferme a quota 316, il valore più basso registrato nello stesso periodo degli ultimi cinque anni, con una diminuzione dell’1,3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Al contrario, nello stesso periodo, le nuove iscrizioni totali delle imprese sono aumentate del 6%”. In calo anche il numero delle imprese che hanno cessato l’attività – 510 dal 1 gennaio al 31 marzo 2016 – comunque sempre superiore a quello delle nuove iscrizioni. Il saldo, dunque, è negativo per 194 unità, peraltro il valore più contenuto registrato nei primi trimestri degli anni a partire dal 2013. Il saldo negativo nati/mortalità con cui si apre il 2016, è stato generato dalla diminuzione delle cessazioni e non da un aumento delle iscrizioni.

Le difficoltà delle imprese artigiane certo, sono in generale legate agli effetti di una crisi globale e di due successive recessioni (la seconda appena terminata), “ma anche alla caduta – continua Mencaroni –  dei consumi delle famiglie e alla loro lentissima ripresa, a una pressione fiscale aumentata in maniera abnorme, senza dire di un accesso ai finanziamenti praticamente azzerato e dell’aumento dei costi di gestione. Ma oltre al danno economico causato dalla chiusura di tante attività, c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da tenere in considerazione. Quando chiude definitivamente la saracinesca di una azienda, di una bottega artigiana, peggiora la qualità della vita dell’intera area in cui essa lavora: c’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale”.

“Per fortuna – ha sottolineato Mencaroni – l’Artigianato è ancora vivo e capace di proiettarsi nel futuro, di avere un domani, oltre la crisi. In alcuni settori come il tessile e l’agro alimentare, ma anche la meccanica, siamo nella condizione di poter competere con chiunque, sia in Italia che all’Estero. Laddove sono necessari intelligenza, creatività, cultura, eccellenza, possiamo competere e vincere. Percorsi che tuttavia non ci devono trovare isolati: dobbiamo fare sistema, operare per reti di impresa, investire sulla innovazione, sulla conoscenza e sulla formazione. L’Artigianato non deve tradire la sua natura, ma non deve temere i mutamenti, a cominciare dall’apertura al digitale. L’artigianato deve riuscire ad annullare un “digital divide” ancora troppo ampio, convincendosi che, in fondo, applicando percorsi e applicazioni digitali sempre meno standardizzate, si contribuisce a far rivivere il concetto di artigianalità”.

Il nuovo Artigianato perugino è “donna” – femminile il 15% del totale delle imprese – e “straniero” il 18% del totale.
Contrastato il dato sui giovani entranti, gli under 35: creano il 20% delle nuove imprese nel I trimestre del 2016, ma in termini tendenziali, calano del 10%.

Le imprese straniere, invece, registrano un notevole incremento (+ 21,3%), muovendosi in senso opposto rispetto al dato nazionale, che registra una flessione del 3,2%.

 

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