Spoleto, sulla tassa di soggiorno Confesercenti “apre” ma fissa i paletti

SPOLETO – Confesercenti Umbria “apre” alla tassa di soggiorno. Intervenendo nel dibattito di questi giorni sulla intenzione del Comune di introdurla a partire dal nuovo anno, l’associazione di categoria fissa però un paio di condizioni. Confesercenti giudica infatti legittima e corretta da parte dell’amministrazione comunale l’introduzione della tassa purché vengano sentite le associazioni maggiormente rappresentative, senza per questo precostituire alcun tipo di concertazione con le categorie, ma come partecipazione al procedimento amministrativo e purché il gettito dell’imposta sia destinato a finanziare interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

Prima di entrare nel merito, Confesercenti Umbria ricorda che l’imposta, istituita nel 1910 per le sole stazioni termali ed estesa nel 1938 alle altre località di interesse turistico, è restata in vigore fino al 1988 ed esiste tutt’ora in altri stati europei come la Francia o negli Stati Uniti. Andando ad analizzare i flussi turistici, Confesercenti riporta le statistiche di Federalberghi secondo cui dall’anno 1990 al 2012 il sistema ricettivo italiano ha registrato un trend positivo con una variazione media annua del 2,6 per cento negli arrivi e dell’1,9 per cento delle presenze. La diversa percentuale tra arrivi e presenze deriva dalla minore permanenza dei turisti, passando da 4,3 a 3,7 pernottamenti per ogni arrivo. Diversa è stata la dinamica del movimento turistico tra estero e nazionale: il primo è aumentato al tasso medio annuo del 2,5% negli arrivi e del 2% nelle presenze; il secondo si è incrementato dell’1,2% negli arrivi mentre ha registrato un calo dello 0,2% nelle presenze.

“Ha ragione – continua Confesercenti – chi dice che turisticamente l’Umbria non è Roma, Firenze o Venezia; non è neanche la riviera adriatica o altro; l’Umbria è una regione scelta solo dallo 0,7 per cento, ripetiamo 0,7 per cento, dei turisti stranieri per un numero pari a circa 900mila turisti. Con questi numeri l’imposta di soggiorno ha un effetto praticamente nullo perché altre sono le problematiche del turismo, in Umbria come nelle altre regioni. Ma altre sono altresì le problematiche degli esercizi commerciali legati al turismo come gli alberghi”. Confesercenti parla del fenomeno dell’abusivismo e poi, tirando le somme, sostiene che “se per la prima volta nella storia delle statistiche turistiche i due mesi clou dell’anno, luglio e agosto, hanno chiuso in negativo rispettivamente con un – 0,6% e un – 0,2%, e tutti e quattro i mesi estivi hanno prodotto un risultato di stagnazione di + 0,1 per cento di pernottamenti” non è colpa dei Comuni che hanno deliberato l’istituzione dell’imposta di soggiorno.

Fatte queste premesse, l’associazione di categoria sostiene che “Abbiamo due grandi opportunità da cogliere insieme al Comune di Spoleto: la prima discutere sulla applicazione dell’imposta: fissa o commisurata al prezzo, differenziata per categoria ricettiva, alberghi, residence, B&B, agriturismi ecc., e/o per categoria alberghiera, con eventuali esenzioni per portatori di handicap non autosufficienti, per giovani studenti in viaggio di istruzione e/o formazione, e per anziani della terza e quarta età ecc; la seconda per verificare che le entrate derivanti dall’applicazione dell’imposta siano finalizzate ad eventi e altre iniziative di interesse turistico. Non sembri peregrina questa ipotesi giacché, molto spesso le amministrazioni comunali tendono a dare una interpretazione estensiva tanto in relazione ai beni culturali ed ambientali quanto in relazione ai relativi servizi pubblici locali”.

“Passare da legittimo interesse egoistico aziendale o di categoria – conclude Confesercenti – ad una comunanza di interessi cittadini ed intercategoriali non è solo un passaggio culturale ma anche una scelta di civica”.

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