Sviluppumbria, i sindacati: “Così non va”

PERUGIA – Lo stato delle relazioni industriali in Sviluppumbria presenta, allo stato attuale, evidenti elementi di criticità. Tali elementi fanno riferimento, non soltanto ad uno stile manageriale che tende a disdegnare il confronto con le organizzazioni sindacali, non soltanto a specifiche questioni aperte da anni che non si riescono a definire (contratto integrativo), ma ad un più generale “clima aziendale” che rende particolarmente ostile l’ambiente di lavoro. Questo risulta, infatti, gravato dalla esasperazione di logiche competitive, da una parte, e da situazioni di marginalità dall’altra, da forme di controllo esasperate, talvolta, al limite della vessazione ed esercitate anche attraverso la delazione, dalla scarsa trasparenza nei criteri adottati per l’avanzamento e la promozione dei dipendenti, da immotivati atteggiamenti di ostracismo adottati nei confronti di alcuni di questi.

Il malcontento ed il senso di frustrazione diffuso, generati da questo “clima”, si accompagnano ad un processo di dequalificazione del personale dovuto ad un generale depauperamento della qualità del lavoro che si è chiamati a svolgere. Ci preme sottolineare quest’ultimo punto perché incide sul ruolo e la missione che Sviluppumbria è chiamata a svolgere in una fase molto delicata e critica della situazione economica e sociale della nostra regione. Una fase, cioè, nella quale dovrebbe essere messa in campo tutta la capacità progettuale di cui si dispone e, all’Agenzia spetterebbe il compito di promotrice di idee, di catalizzatrice di potenzialità da sviluppare, di organizzatrice di una domanda “dal basso” che si struttura lavorando sui territori insieme con gli attori locali, di integratore di competenze per lo sviluppo di nuove filiere; tutti elementi, questi, in assenza dei quali, anche “politiche” come la “area di crisi complessa” o “industria 4.0” rischiano di produrre impatto zero sul sistema territoriale.

E’ del tutto evidente che allo svolgimento di tali compiti sono associati profili professionali altamente qualificati e processi di lavoro nei quali si esaltano la creatività e la capacità di autonoma elaborazione di tutti i soggetti, così, come è altrettanto evidente che, se il ruolo di Sviluppumbria si riduce a quello di mero gestore di procedimenti amministrativi (compresa la istruzione e gestione dei bandi), non solo non è utile alla promozione di politiche di sviluppo, ma ne viene impoverita la qualità stessa del lavoro e la possibilità di crescita professionale del personale. Su tale divaricazione (tra quello che dovrebbe fare e quello che fa Sviluppumbria) pesa, poi, in termini negativi una struttura organizzativa di tipo gerarchico funzionale, figlia di una cultura di impresa molto datata, assolutamente incongrua alla gestione di una società di servizi che dovrebbe essere “ad alto valore aggiunto”, grazie alla quale i ruoli professionali sono soverchiati da quelli gerarchici, le competenze sono svilite, la comunicazione interna è inesistente, la demotivazione e la deresponsabilizzazione del personale sono un dato oggettivo, tipico di un flusso di input che procede a senso unico, dall’alto in basso. In tutto questo, c’è un unico filo conduttore, che lega tra loro in una sequenza di causa ed effetto, diversi elementi di criticità e diversi livelli di responsabilità: l’impoverimento del ruolo dell’Agenzia produce l’impoverimento della qualità del lavoro e della professionalità del personale; l’impoverimento del lavoro si associa ad un modello organizzativo che ne esalta tutti gli elementi di negatività. Quel modello organizzativo favorisce il generarsi di quel “clima aziendale” sopra richiamato, foriero di malessere ed insoddisfazione per i lavoratori.

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