Terni, “Di Girolamo come Crono”: l’accusa di Melasecche. E intanto si profila un altro rimpasto

TERNI – Il sindaco come Crono, che divora i suoi figli. E’ l’accusa del consigliere comunale Enrico Melasecche alla vigilia di quello che sembra essere l’ennesimo rimpasto della giunta. “In questi nove anni di governo non c’è stata mai una vera squadra ma la mediocre discontinuità nelle strategie di un Di Girolamo-Crono, il dio mitologico che divorava i suoi figli. Siamo oggi all’ennesimo giro di valzer in cui assessori vengono gettati giù dalla scacchiera di Palazzo Spada ed altri illusi arrivano per essere strizzati. Non sempre rimangono i migliori, mentre il sindaco, continua a tirare avanti nella certezza che questo gruppo consiliare, assente la personalità di un Cavicchioli che non ha voluto più condividere questo sfascio, non avrà mai il coraggio di dirgli basta. Chiunque dovesse assumere la guida della città avrà non solo l’onere gravissimo di spiegare ai ternani la reale situazione in cui versa la casa comune ma anche quello di ricostruire con un minimo di carisma i rapporti di fiducia in una macchina ormai allo sbando”.

“La fine di Piacenti è l’emblema del fallimento del sindaco, usurpatore del ruolo del buon padre di famiglia. Ha lasciato le briglie sciolte a Piacenti in tutto e per tutto. Fino a quando gli faceva comodo, sia quando sosteneva, contro ogni evidenza, che “i conti sono a posto” sia quando alcuni consiglieri di opposizione hanno fatto emergere la montagna di debiti irregolari. Ha appoggiato in tutto e per tutto quell’assessore bulimico al Bilancio, al Patrimonio, alle Partecipate ma anche al Personale nella sua logica del “saccio fa”. Lo definimmo – dice Melasecche – in tempi non sospetti il nuovo Tartarin di Tarascona. Quante volte in consiglio ma soprattutto in III Commissione Bilancio abbiamo ricordato, inascoltati, che la Legge Bassanini impone ormai da venti anni uno spartiacque fra politica e dirigenza impedendo alla politica di annullarla? Ma tutto questo faceva comodo perché più i dirigenti sono fedeli, deboli o accondiscendenti più l’assessore ha mano libera nel fare e disfare a proprio piacimento, spesso senza regole. Piacenti faceva spavaldamente tutto lui, decideva tutto lui, interveniva lui al posto dei dirigenti, cosa del tutto anomala, anche quando in commissione l’opposizione poneva domande tecniche al dirigente di turno”.

“Spesso i dirigenti neanche si presentavano perchè l’assessore onnipotente, con sprezzo non solo del pericolo ma anche del ruolo istituzionale, svolgeva le due parti in commedia. Basti ricordare un dato su tutti: in soli due anni la gestione delle società partecipate ha visto l’assegnazione dell’incarico dirigenziale da parte di  sindaco ed assessore a ben cinque, dico cinque, diversi dirigenti comunali che palesemente, al di là delle competenze specifiche, spesso inesistenti, non hanno avuto neanche la minima possibilità di entrare nel ruolo perché la politica lo esercitava impropriamente per loro conto. È talmente evidente questo esproprio di funzioni che le società partecipate non rispondono neanche più alle richieste di documenti dei dirigenti, esautorati, terrorizzati da questo vuoto politico. Il caos all’interno della macchina comunale è totale. Dopo due fallimentari riforme del Personale, appoggiate in pieno dal sindaco, la prima gestita dall’ex potentissimo direttore generale, la seconda dall’assessora spostata “per premio” ad altro incarico, lo stesso Di Girolamo,  vittima di se stesso, tira avanti per inedia non sapendo dove mettere le mani. Il risultato è che oggi non esistono più riferimenti, il caos regna sovrano ed è bastata una buccia di banana, quella delle consulenze che Piacenti ha gestito in modo personalissimo, per far crollare dopo l’assessore all’Urbanistica-Edilizia-LLPP anche quello al Bilancio, il vero perno di questa consiliatura da saldi. Il sindaco pensa di rifarsi una verginità in zona Cesarini con l’ennesima infornata, facendo entrare dalla porta girevole di questa giunta colabrodo qualche disoccupato della politica o qualche altro illuso? Avanti signori ….c’è posto!”.

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