Terni, protesta del Comitato No Inceneritori rinviata causa maltempo

TERNI – Corteo del Comitato no Inceneritori Terni rinviato causa maltempo. La pioggia che sta cadendo a tamburo battente in queste ore ha fatto sì che il Comitato in piazza della Rivoluzione Francese rinviasse la protesta. Una protesta che però si svolgerà quanto prima nelle piazze ternane per dire “no” a nuovi inceneritori e chiudere quelli presenti. “Quella che stiamo vivendo – dicono dal Comitato – è una situazione di allarme, di emergenza, di pericolo”. La manifestazione verrà probabilmente rinviata a sabato 20 febbraio o a domenica 21. Nella nostra intervista esclusiva il portavoce del Comitato No Inceneritori Terni, Fabio Neri, ci aveva spiegato la sua posizione. Riproponiamo qui l’intervista.

Otto morti all’anno a causa delle esposizioni agli inceneritori a Terni. I dati diffusi dalla Asl riaccendono la polemica sull’ambiente nella conca ternana. Un dato pesante che il Comitato No Inceneritori Terni, aveva denunciato da tempo. “Ciò che sta succedendo – sostiene Fabio Neri, portavoce del Comitato – è il risultato di una costante e continua pressione esercitata su più fronti e che sta lentamente facendo uscire dal pantano la conoscenza reale della pesante condizione dello stato di salute della città in relazione alle varie molteplici fonti di emissioni. Nello specifico gli inceneritori sono sempre stati considerati dalle varie amministrazioni, nonché da pezzi del mondo medico e scientifico locale a servizio della politica, come sostanzialmente nulli in termini di nocività emesse, sottacendo importanti studi su altri impianti che già molti anni fa indicavano come certe le incidenze di varie patologie nelle popolazioni esposte rispetto a quelle non esposte.  Venendo alla relazione dell’ ASL, ci troviamo di fronte ad una novità, ma che si porta dietro un po’ del vecchio modo di fare: da una parte, e questo è il dato utile, mette le mani nella questione più spinosa, cioè  l’impatto sulla vita degli esposti arrivando a delle stime di mortalità. Dall’altra non tiene conto delle ultime e consolidate letture degli inquinanti in chiave epigenetica, cioè del ruolo che la singola particella di diossina o pcb può avere a livello genetico, ben oltre quindi la normale “soglia” calcolata in quantità di inquinante per massa corporea. Inoltre la relazione evidenzia indirettamente una grave mancanza di misurazione dell’esposizione da parte di ARPA, nel senso che in un contesto come quello ternano, urge prendere di mira oltre ai soliti PM10 e PM 2,5, le particelle ancora più piccole e soprattutto più insidiose, in grado di passare dagli alveoli fino al sangue, e soprattutto concentrarsi sugli inquinanti più pericolosi, fino ad oggi cercati molto male”.

Cosa è cambiato dopo le due conferenze dei servizi per gli inceneritori di Terni? “Al momento ancora nulla. Il Sindaco ha espresso un parere negativo motivato in sede di Conferenza dei Servizi sull’inceneritore ex Printer, quello in attesa della definitiva Autorizzazione Integrata Ambientale. Il parere contiene aspetti medici e giuridici ma al Sindaco manca il coraggio per dire “abbiamo già troppe emissioni inquinanti, anche una in più aggraverebbe di molto la situazione generale”, e quindi agire magari con un’ordinanza. Inoltre l’ ASL ha ignorato la relazione prodotta proprio dal loro Gruppo Ambiente e Salute: qualcosa non torna. Arpa non ha posto alcun problema rispetto al contesto già pesantemente contaminato”.

Il Decreto “Sblocca Italia” prevede l’arrivo in Umbria di 144.000 tonnellate di rifiuti, da smaltire nel territorio umbro. Sappiamo che gli unici impianti di incenerimento si trovano a Terni. Quali vie possono essere intraprese per evitare tutto questo? “Le cose da fare per eliminare per sempre il ricorso a inceneritori e discariche sono davvero molto semplici. Estendere la raccolta porta a porta in tutta la regione, favoriti dal fatto che la maggior parte dei centri urbani sono di piccole dimensioni, facilmente raggiungibili in poco tempo. Per fare questo non c’è bisogno di sperimentare, ma di copiare quanto fatto in città come Trento, Parma, o in consorzi di piccoli comuni come quelli della provincia di Treviso. Poi bisogna puntare su una impiantistica leggera e flessibile  sia per il compostaggio dell’umido sia per il trattamento dell’indifferenziato. Affiancare agli impianti di trattamento linee finalizzate al massimo recupero di materia (plastiche, vetro, metalli, carta) che spesso finisce in discarica o trasformata in combustibile per inceneritori, come purtroppo ha deciso la Regione Umbria con il CSS. Diminuire progressivamente l’indifferenziato è la vera sfida, ma possibilissima. In questo modo si potrà programmare la chiusura progressiva di discariche, non fare ricorso a inceneritori, evitare inutili emissioni mortifere sul territorio. E’ chiaro che in un paese come l’Italia in cui si è puntato storicamente su discariche e inceneritori con livelli bassissimi di differenziata, il decreto Sblocca Italia ha avuto una nascita facile: incredibili quantità di rifiuto indifferenziato da dare in regalo alle grandi multi utility del settore. Dall’altro è vero anche che l’incremento degli ultimi dieci anni della differenziata sta lasciando alcuni impianti senza flussi di rifiuti certi per i prossimi anni e quindi lo Sblocca Italia viene proprio a interrompere i tanti circuiti virtuosi imponendo dall’alto discariche  e inceneritori, con relativi flussi di denaro enormi e pesanti per le  casse dei comuni, quindi nostre”.

Si sta facendo qualcosa per dire no al Decreto Sblocca Italia? “La risposta popolare è stata immediata e massiccia in tutta Italia. Come Comitato abbiamo organizzato assemblee partecipatissime in pieno agosto e poi a settembre due importanti presidi sotto la Prefettura. Comune di Terni e Regione hanno dovuto quindi esprimere una posizione chiarissima: non si brucerà nessun rifiuto urbano a Terni. Immaginiamo che quando dicano “nessun”, siano coscienti del fatto che non si accetteranno compromessi di nessun tipo. Ma il problema vero è che la Regione Umbria offrirà come controdeduzioni al Governo per scongiurare lo Sblocca Italia, il suo piano che prevede la produzione di CSS. Insomma il quadro è assai complesso, in cui quelli che sembrerebbero, sulla base delle dichiarazioni pubbliche, degli alleati in realtà nascondono comunque una insidia”.

Cosa si può fare nella conca ternano-narnese per migliorare la situazione ambientale? “Il primo passo è riconoscere una volta per tutte che Terni ha una reale e grave condizione ambientale e quindi sanitaria. Senza questo primo passo non sarà possibile procedere, poiché qualcuno tenterà come sempre in passato di minimizzare, negare, financo nascondere. Tutti ricordiamo la vicenda dei dati sulle analisi per diossine e pcb negli alimenti. Oggi è già più difficile negare. Noi, con altri soggetti in questi anni molto attivi, siamo riusciti ad imporre una consapevolezza, basata sui dati reali, di una forte compromissione dello stato di salute. Non a caso nell’ultimo anno sono uscite dichiarazioni e prese di posizione chiare, dopo decenni di silenzio totale, da parte di importanti personaggi del mondo medico ternano che confermano la gravità. Non ultimo appunto la relazione della ASL. Una volta ammessa la situazione bisognerà individuare le cause delle esposizioni, che tutti conosciamo, ed agire. Ad oggi, per fermare lo Sblocca Italia a Terni, andrebbe fatto questo: presentare il quadro sanitario e ambientale e sulla base di questo rigettare in toto ogni ipotesi. Richiamare Arpa, ASL, Comune e Regione, ciascuno per il suo compito, a comporre un quadro di insieme per invertire la rotta”

 

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