Quattro anni dal terremoto, la ricostruzione è una chimera e la speranza si sta spegnendo. ” Un futuro qui è dura”, le parole di Daniele, 28 enne di Norcia.

Sono passati quattro lunghissimi anni da quel terribile giorno che resta nella memoria di coloro che hanno vissuto e continuano a vivere un incubo di cui sono solo vittime innocenti. Erano le 3.36 del 24 agosto 21016 quando la terra, nel cuore della notte, iniziò a tremare per tanti e interminabili secondi. Un boato provocato dal sisma di magnitudo 6.0 scosse il Lazio, l’Umbria e le Marche. Quei secondi interminabili devastarono interi paesi come Accumoli (Rieti), Amatrice (Rieti), Arquata e Pescara del Tronto (Ascoli). Dopo meno di un’ora, alle 4.33, un’altra scossa di magnitudo 5.3 fece tremare Norcia con la frazione di San Pellegrino pesantemente danneggiata. Alcuni paesi non ci sono più, il bilancio finale arriverà a sfiorare i 300 morti, con oltre 4000 sfollati e più di 200 persone messe in salvo dai primi soccorsi. A distanza di 4 anni i terremotati sono stati abbandonati, lassù, in mezzo a quelle frastagliate cime dell’Appennino che , malgrado tutto, regalano ancora emozioni straordinarie. Ma chi abita in quei posti, non riesce ad emozionarsi più. Aspetta che qualcuno si ricordi di loro. A distanza di quattro anni poco e niente è cambiato. Macerie rimaste ancora lì, paesaggi spettrali, cimiteri ancora inagibili. Dei vecchi commissari ( Vasco Errani, Paola De Micheli e Piero Farabollini ) nessuna nostalgia , spariti nel nulla , se ne sono andati senza lasciare alcun rimpianto. Il nuovo,  Giovanni Legnini, con le ordinanze varate da febbraio ad oggi, insieme con alcune norme inserite nel decreto semplificazioni, in quello Cura Italia e l’ultimo di agosto, ha riaccesso una speranza tra la gente. La ricostruzione è ancora una chimera. Solo poco più del 3% delle 80 mila abitazioni dichiarate inagibili è attualmente di nuovo utilizzabile. Più di quarantamila persone sono ancora senza casa e vivono in abitazioni di emergenza, la maggior parte in Valnerina (Visso, Norcia, Preci) nei container. Non va meglio la ricostruzione pubblica con solo 86 lavori, su 1.405 interventi finanziati, sono stati conclusi. Più di 200 scuole da sistemare, cimiteri distrutti e inagibili, Chiese chiuse con 942 interventi finanziati ma oltre 750 devono ancora iniziare. Ritardi nelle risposte, ritmi lentissimi e una burocrazia interminabile. Il rischio di non ricostruire più c’è, soprattutto che i proprietari di abitazioni che hanno subito danni lievi: hanno tempo fino al 20 settembre per presentare progetto e richiesta di contributo. Legni  garantisce che il governo concederà una proroga per la scadenza del prossimo mese. Nel frattempo però più di 40 mila sfollati , compresi anziani e bambini, hanno dovuto affrontare la pandemia e l’isolamento in una casetta d’emergenza, in una casa non loro, spesso all’interno di container dove l’estate è difficile resistere e durante l’inverno fa freddo e si combatte l’umidità. ” Con la speranza nel cuore e tanta ingenuità, avevo immaginato che sarei rimasto a vivere nella casetta al massimo un paio d’anni. Ne sono passati quattro e ora immaginare un futuro qui è dura”. A dirlo all’Ansa è Daniele Franchi, uno dei pochi giovani di San Pellegrino che insieme ai suoi genitori è stato tra i primissimi ad avere una soluzione abitativa di emergenza . ” Siamo entrati nel febbraio del 2017, dopo che il terremoto aveva raso al suolo il paese con le scosse del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre”, ricorda il ventottenne di Norcia. Daniele e la sua famiglia vivono in 60 metri quadrati, gli spazi sono risicati, tanto che per  il cambio di stagione sono costretti a ricorrere a un piccolo container posizionato in un terreno di loro proprietà. ” Dopo quattro anni – racconta ancora Daniele – è stato fatto poco o niente. Sono state demolite le abitazioni e portate via un pò di macerie, ma qui a San Pellegrino la ricostruzione sembra davvero lontana”. Poi aggiunge con amarezza e delusione: ” Se penso al mio futuro è difficile continuare a immaginarlo a San Pellegrino, anche se non vorrei allontanarmi dal posto dove sono cresciuto”. Ecco, come ha detto il Vescovo di Ascoli Piceno Monsignor Giovanni D’Ercole, la ” speranza nei paesi distrutti dal terremoto si sta spegnendo “.  Tutto sembra fermo, le macerie sono ancora lì e la burocrazia non ha permesso e non permette, ancora oggi, di compiere passi avanti. Le persone non solo sono disperate, ma sono rassegnate, il che è peggio