Più soldi ai Comuni dall’imbottigliamento delle acque, in commissione due proposte di legge

PERUGIA  – Raccogliere i dati sulle risorse che, secondo la legge regionale, spetterebbero alle Amministrazioni comunali sul cui territorio insistono le sorgenti. Ascoltare i sindaci interessati alla ripartizione dei fondi. Valutare le migliori pratiche a livello regionale per decidere se e come intervenire sul sistema dei canoni e sulle percentuali di ripartizione Regione-Comuni. È questo il percorso che la Seconda Commissione dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, presieduta da Eros Brega, ha deciso di seguire nella discussione (unificata) delle proposte di legge presentate da Andrea Smacchi (Pd) – Silvano Rometti (SeR) e da Andrea Liberati – Maria Grazia Carbonari (M5S) che propongono di modificare le “Norme per la ricerca, la coltivazione e l’utilizzo delle acque minerali naturali, di sorgente e termali”.

Dopo l’illustrazione delle due proposte, i consiglieri regionali hanno affrontato l’argomento condividendo sostanzialmente la necessità di intervenire sulla legge, seppure con diversi orientamenti circa le azioni da intraprendere. La discussione delle due iniziative legislative verrà comunque unificata e proseguirà tenendo conto di quanto emerso dall’incontro con i sindaci dei Comuni interessati.

LA PROPOSTA SMACCHI-ROMETTI Andrea Smacchi ha spiegato che l’obiettivo è di “aumentare dal 20 al 40 per cento i diritti a favore dei Comuni, riconoscendogli tali risorse direttamente nel loro bilancio mentre attualmente è la Regione a riscuotere le risorse ed a impiegarli per la valorizzazione ambientale con proprie iniziative. Gli ultimi dati, riferiti al 2014, riportano che la produzione è di oltre 1miliardo di litri, con 289 unità lavorative coinvolte e 13 comuni interessati: Gualdo Tadino, Gubbio, Nocera Umbra,Terni, Montecastrilli, Scheggia-Pascelupo, Foligno, Cerreto di Spoleto, Massa Mariana, Sellano, San Gemini, Orvieto e Acquasparta. Abbiamo appurato che le annualità successive al 2010 non sono state trasferite alle Amministrazioni comunali. Prima di procedere ad aumentare la quota spettante ai Comuni sarebbe quindi auspicabile procedere al pagamento degli arretrati. La Regione Umbria incassa circa 1,1 milioni all’anno dai canoni concessori: il canone è stato raddoppiato, passando da 50 centesimi a 1 euro per litro prelevato (nel Veneto è di 3 euro) e la tassa di concessione viene pagata non su quanto imbottigliato, ma su quanto viene estratto. La Regione Lombardia, dal 2015, prevede che il 60 percento vada ai Comuni dove si trova la sorgente, il 20 alla Provincia e il 20 alla Regione che lo utilizza per progetti di area vasta sempre sui territori interessati agli attingimenti. I dati ci dicono che per 5 anni il mercato delle acque minerali ha registrato andamenti negativi, quindi un aumento del canone non sembra proponibile. In Umbria dovrebbero esserci 17 concessioni attive riconosciute a 9 operatori. 370mila litri annui vengono estratti a Gualdo Tadino. Da San Gemini non provengono neppure 100mila litri all’anno. Sono dati di cui tenere conto per valutare la suddivisione delle risorse”. Silvano Rometti ha aggiunto che “questa richiesta viene da lontano. Negli anni scorsi i Comuni più volte hanno sollecitato la Regione a dare una compensazione ambientale per l’uso di questa risorsa. I Comuni vivono poi condizioni economiche difficili e quindi diventa importante garantire questa fonte di finanziamento. L’aumento del canone si scontra con gli effetti della crisi economica e con la situazione delle aziende del comparto. La tutela delle acque deve necessariamente prescindere dai confini comunali, prevedendo la possibilità di finanziare soltanto progetti di ampia tutela ambientale”.

LA PROPOSTA LIBERATI – CARBONARI Andrea Liberati ha presentato la proposta del M5S proponendo di “suddividere il canone di concessione “70 a 30” per cento, tra Comuni e Regione, con un un aumento proporzionale in base alla quantità estratta. Bisognerebbe guardare alla Toscana, che riconosce un ruolo forte ai Comuni nella gestione delle convenzioni mentre in Umbria è un dirigente regionale che decide. Serve quindi il riconoscimento di un nuovo ruolo ai Comuni. Va adeguato anche il canone relativo al diritto di superficie. Non bisogna danneggiare le imprese (anche se molte crisi di aziende di imbottigliamento sono legate a giochi finanziari finiti male e non ai problemi del mercato dell’acqua minerale), ma pretendere soltanto un pagamento più equo per l’acqua estratta ed imbottigliata. Le aziende pagano l’acqua da imbottigliare 1 euro al metro cubo mentre i cittadini pagano 2,7 euro al metro cubo l’acqua del rubinetto”.

GLI INTERVENTI

Claudio Ricci (Rp): “Lasciare ai Comuni una certa flessibilità nell’esercizio di bilancio. Le Amministrazioni sono in difficoltà con la parte corrente del bilancio. È vero che queste dovrebbero essere misure compensative in materia ambientale, ma quei fondi potrebbero finanziare anche iniziative collaterali”. Raffaele Nevi (FI): “I fondi trasferiti ai Comuni devono servire solo per la tutela ambientale e non per coprire i buchi di bilancio. Bisogna intanto pagare i 6 anni di contributi che la Regione ha usato per la propria spesa corrente e non ha trasferito ai Comuni, andando contro la legge e privandoli di soldi che gli spettavano. Poi si potrà parlare di aumento della quota, a cui peraltro sono contrario, dato che il settore è in forte difficoltà e ci sono numerose crisi aperte. Andrà previsto un monitoraggio degli investimenti fatti con i fondi trasferiti alle Amministrazioni comunali”. Maria Grazia Carbonari (M5S): “Avevamo sollevato la questione dei canoni non versati ai Comuni molto tempo fa, in relazione alla vicenda Rocchetta. Dovremo quantificare esattamente quanti soldi sarebbero dovuti andare ai singoli Comuni in tutti questi anni. Andrà controllata la finalità con cui i fondi verranno spesi dai Comuni, dato che spesso i bilanci delle Amministrazioni vengono gestiti male”.

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