Spello, pienone per il concerto di Gianna Nannini a Villa Fidelia

SPELLO – di Luana Pioppi – Oltre due ore di concerto per eseguire quasi 30 brani tratti dal suo ultimo lavoro: “HitStory”, la collezione di successi di Gianna Nannini con qualche remake ed inedito. Il tour della cantautrice senese – che ha tenuto 50 concerti in 5 mesi, percorrendo ben 25mila chilometri – che si è chiuso con l’esibizione eseguita ieri sera a Villa Fidelia di Spello. Un successo che ha avuto il giusto coronamento in Umbria, la regione che ospita Perugia “la città – come ha detto la Nannini – dove mi ci rifugiavo da studentessa”. A parlare di questo trionfo è salito sul palco di Spello il noto impresario David Zard, anche produttore discografico e manager di Gianna Nannini.

Per oltre due ore, quindi, l’artista senese ha cantato senza sosta accompagnata da Davide Tagliapietra e Thomas Festa alle chitarre, Moritz Müller alla batteria, Daniel Weber al basso, Will Medini alla tastierista, pianoforte e programmazioni e dalle coriste Isabella Casucci e Anna Camporeale. Oltre che dal sestetto d’archi Red Rock Strings composto da Lorenzo Borneo, Roberta Malavolti, Liuba Moraru, Chiara Santarelli al violino, Lina Rusca alla viola e Davide Pilastro al violoncello.

Il concerto è stato aperto con la canzone “America”, il primo successo della Nannini, scritto insieme a Mauro Paoluzzi e pubblicato nel 1979 (giunse in terza posizione della classifica dei singoli più venduti). Per poi proseguire con “Avventuriera”, “Possiamo sempre”, “Vita nuova”, “Profumo”, “Pazienza” fino a cantare un altro dei suoi più grandi successi “Ragazzo dell’Europa”, brano eseguito insieme al pubblico presente.

Spazio poi anche al celebre “Ciao amore ciao” che Luigi Tenco portò a Sanremo nel 1967 insieme a Dalida, che lo ripropose poi a Canzonissima nel 1971. Gianna l’ha eseguita nella sua versione originale, il cui primo testo fu censurato in quanto considerato antimilitare. Tra i brani che ha eseguito c’è stato anche “Dio è morto” di Francesco Guccini, canzone portata al successo dai Nomadi nel 1967.

Il titolo del brano riprende il celebre aforisma di Friedrich Nietzsche, ma per stessa ammissione di Guccini la canzone ha attinto al poema Urlo di Allen Ginsberg, almeno per quanto riguarda l’incipit. È la prima depositata alla Siae a nome di Guccini (che nel frattempo aveva superato i due esami come autore di testi e come musicista non trascrittore) sia per il testo che per la musica, è sicuramente una delle sue più famose.
Tra i suoi più grandi successi, Gianna ha eseguito anche “I maschi”, “Fotoromanza”, “Lontano dagli occhi” e “Latin Lover”, dove ad un certo punto si è gettata tra il pubblico. E poi uno degli inediti di questa raccolta: “Mama”, il quarto del progetto. È in tutti i sensi un’opera d’arte. Nella sua forma originaria era la “scultura vocale” che dialogava con l’opera di Michelagelo Pistoletto nell’installazione Terzo Paradiso, proposta in occasione di varie esposizioni nazionali ed internazionali.

Nella fase finale la cantautrice 62enne ha eseguito le melodiche “Sei nell’anima” e “Meravigliosa creatura”, coinvolgendo tutto il pubblico presente, mentre per la chiusura ha riproposto “America” dicendo che: “La nostra fine è il nostro inizio”.

Spazio anche al bis con la rivisitata “Un’estate italiana” (scritta da Giorgio Moroder per Italia ’90, diventata presto un inno, un successo mondiale) e con la musica di “Funiculì funiculà”, la celebre canzone napoletana scritta nel 1880 da Giuseppe Turco e musicata da Luigi Denza.
Una curiosità – Penelope, la figlia di Gianna Nannini, ha assistito a parte del concerto seduta ai margini del palco, indossando un grazioso vestito bianco, accompagnata da alcune persone.

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