La Cgil: “Il 2014 anno nero per il lavoro in Umbria, 137mila persone in sofferenza”
Il 2014 va in archivio con un bilancio estremamente negativo per l’Umbria del lavoro. Era difficile immaginare che i numeri potessero ulteriormente peggiorare e, invece, proprio questo è successo. Tanto che il 2015 si presenta alle porte con pesantissime incognite e il rischio concreto di un’ondata di licenziamenti di massa. A denunciarlo è la Cgil dell’Umbria che nella tradizionale conferenza stampa di fine anno presenta dati drammatici sulla situazione occupazionale della regione.
“Un anno fa – spiega il segretario generale Mario Bravi – eravamo qui a parlare di 125mila persone che nella nostra regione vivevano una forte sofferenza occupazionale, oggi dobbiamo rivedere quel dato in peggio: siamo a 137mila”.
Un numero enorme, per il sindacato, se rapportato alla popolazione della regione (circa 900mila persone), composto da 51mila disoccupati, 23mila neet (scoraggiati), 22mila cassaintegrati, e 41mila lavoratori estremamente precari.
“E non traggano in inganno gli ultimi dati sulla cassa integrazione – avverte la Cgil – perché il calo registrato rispetto al 2013 non è un buon segnale, ma piuttosto un ulteriore campanello d’allarme, visto che a pesare è soprattutto la mancanza di risorse per coprire gli ammortizzatori (i pagamenti della cig in deroga sono fermi ad aprile) e la progressiva sostituzione di questi ultimi con i licenziamenti (basti pensare ai 620 che recentemente hanno colpito in un solo giorno i lavoratori ex Merloni)”.
Lavoro che non c’è o che viene meno, mentre tra quello che resta dilaga il precariato. Secondo uno studio dell’Ires Cgil sull’Umbria, infatti, nel secondo trimestre 2014, su 72mila avviamenti al lavoro in Umbria solo 6400 sono stati a tempo indeterminato, ovvero meno del 9%, dato nettamente al di sotto della media nazionale, già di per sé molto bassa.
“È palese che siamo di fronte ad una situazione estremamente difficile e preoccupante – osserva Mario Bravi – ma il fatto è che dopo 7 anni non si vede ancora il pavimento di questa crisi, si continua a cadere e a riproporre ricette sbagliate oltre che inique”.
Bravi si riferisce in particolare agli ultimi provvedimenti del governo Renzi, Jobs Act e legge di stabilità: “Un combinato disposto che praticamente incentiva i licenziamenti e stabilizza la precarietà”, denuncia il segretario della Cgil umbra, che dati alla mano evidenzia come gli incentivi alle assunzioni offerti alle imprese superino i costi da sostenere in caso di licenziamento, tanto che “per le aziende sarà conveniente assumere per licenziare, piuttosto che stabilizzare il lavoro”.
Ma per la Cgil la partita non è affatto chiusa: “Dopo il grande successo delle iniziative messe in campo nella seconda metà del 2014, con la manifestazione del 25 ottobre a Roma e lo sciopero generale del 12 dicembre insieme alla Uil, proseguiremo la mobilitazione anche in Umbria – assicura il segretario Bravi – e al contempo avvieremo anche sul piano legale i ricorsi contro provvedimenti palesemente incostituzionali, come il contratto a tutele crescenti che discrimina i giovani lavoratori neo assunti rispetto agli altri”.
Un avvertimento che la Cgil rivolge anche a Confindustria Umbria, che “non può ostentare tranquillità e proseguire nella sua inerzia – sostiene Bravi – mentre nella nostra regione ci sono 165 vertenze aperte e migliaia di lavoratori e lavoratrici che chiedono di non essere abbandonati a loro stessi”.
Infine, c’è un messaggio anche per la Regione Umbria, che dovrà gestire la partita fondamentale dei finanziamenti europei, uniche vere risorse disponibili per ipotizzare politiche di sviluppo: “Non basta più dire che qui in Umbria i fondi europei si spendono tutti – è il monito della Cgil – ma occorre che i soldi siano spesi beni, non distribuiti a pioggia alle imprese, ma legati strettamente alla creazione di buona e stabile occupazione”.