Umbria Jazz, all’Arena del Santa Giuliana è la volta di Herbie Hancock

Questa sera l’Arena del Santa Giuliana è riservata solo a lui: Herbie Hancock. Torna a Umbria Jazz dopo qualche anno (l’ultima volta fu un duo pianistico con Chick Corea) una vera icona della musica degli ultimi sei decenni, non solo del jazz. La parola icona viene usata spesso nello show business e non sempre a proposito. Per Herbie Hancock, nessun dubbio. L’artista di Chicago, oggi ottantunenne, ha attraversato, sempre da protagonista, generi e mode come performer, compositore, arrangiatore, produttore, scopritore di talenti, inventore di nuove tendenze, influencer per più di una generazione di musicisti. A 11 anni il piccolo Herbie esordì suonando un Concerto di Mozart con la Chicago Symphony Orchestra, una delle più importanti del mondo. Presto scoprì il jazz e a partire dagli anni ‘60 si impose con una serie di eccellenti dischi per la Blue Note, costellati di temi originali che sarebbero presto diventati degli standard. Nel frattempo faceva parte dell’epocale quintetto di Miles Davis che di lui disse: “Herbie è il passo successivo a Bud Powell e Thelonious Monk, e non ho ancora sentito nessuno che sia venuto dopo di lui”. I ‘70 furono gli anni del jazz elettrico e degli Headhunters, caratterizzati da uno straripante successo commerciale. Quella che aveva trovato Hancock era una formula destinata a fare da modello a decine di band. Un successo commerciale che non andò mai a scapito della qualità, perché Herbie Hancock è sempre riuscito a coniugare buona musica e appeal popolare. Anche allora però non trascurò il jazz acustico, per esempio nella serie di dischi e tour targati VSOP. In ogni caso, che fosse musica acustica oppure elettrica, jazz modale o funky, che le location fossero stadi o sale da concerto, restava inconfondibile il “tocco” geniale e personale di Hancock, sempre fedele a se stesso. In tempi più recenti Hancock ha prodotto una serie di progetti tematici, di volta in volta dedicati al mondo di Gershwin, alle canzoni di Joni Mitchell, ai nuovi standard presi in prestito dal pop contemporaneo, oltre a un tributo a Miles Davis e John Coltrane e un duo con Wayne Shorter (1+1). Da ricordare anche l’avventuroso “Dis is da drum” e il suggestivo “The Imagine Project” registrato in giro per il mondo. Ovviamente una carriera così è stata oggetto di premi e riconoscimenti di ogni genere: un Oscar, quattordici Grammy, innumerevoli MTV Awards. Hancock è stato anche nominato UNESCO Goodwill Ambassador e insignito del prestigioso Kennedy Center Honor. La Francia lo ha nominato Commandeur des Arts et des Lettres. È membro della American Academy of Arts and Sciences, e molto altro. Per l’appunto, un’icona. La band che HH porta a Umbria Jazz è una raccolta di starTerence Blanchard (tromba) è uno dei più grandi artisti jazz contemporanei; Lionel Loueke (chitarra) è una scoperta di Hancock, cui ha dedicato un disco e un tour; James Genus (contrabbasso) ha suonato con decine di grandi jazzmen, tra cui proprio Hancock, oltre che come leader; Justin Tyson (batteria) con trascorsi nel mondo del gospel, ha cominciato a suonare la batteria a tre anni e ultimamente ha collaborato con Robert Glasper ed Esperanza Spalding.