Acciaieria di Terni, 130 anni di storia e lotte operaie

Sudore e lacrime, speranze e battaglie, orgoglio e appartenenza. L’Ast, l’Acciaieria come continuano a chiamarla i nostalgici, è un concentrato di tutto questo.

Non è semplicemente la fabbrica, è “La Fabbrica” per eccellenza, è la storia della città di Terni, è il suo dna, la sua identità, il motore pulsante. Nei suoi 130 anni di vita ha conosciuto la fatica, il sacrificio, ma anche le tensioni e le lotte, il boom e la caduta e poi la ripresa, in un’altalena dove gli operai sono stati sempre protagonisti, schierati orgogliosamente in prima fila. Le vertenze sindacali, che dalla nascita fino ai nostri giorni hanno interessato l’Ast, sono state battaglie che sono andate oltre la semplice difesa del posto di lavoro, dei diritti sociali e civili, hanno investito l’industria di viale Brin “nelle fondamenta”. L’Acciaieria, considerata ancora oggi la spina dorsale della città, evoca infatti nei ternani un sentimento di appartenenza e di comunità molto forte. Rappresenta il passato della città ma anche la speranza del futuro a cui aggrapparsi specie in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Ecco spiegata una partecipazione così massiccia alle manifestazioni di protesta degli operai in questi giorni anche da parte di tanta gente comune, scesa in strada a fianco delle tute blu per evitare che si “stacchi la spina”. Di momenti bui l’Acciaieria ne ha visti molti.

Nata il 10 marzo 1884 come ‘Società degli alti forni e fonderie di Terni’ (Saffat), ha vissuto la prima vera grande crisi nel ’53. Duemila licenziamenti furono il costo che l’industria, nata 69 anni prima come azienda destinata a produrre acciaio per l’industria militare, pagò dopo il secondo conflitto mondiale. Lo scontro fu significativo: ci fu una grande manifestazione contro i licenziamenti che si concluse, dopo due giorni di lotta, con la sconfitta degli operai. Il colpo fu brutto ma la città si rialzò: intorno agli anni ’60 ci fu il boom dell’acciaio e la fabbrica di viale Brin tornò ad assumere oltre 2000 lavoratori. Negli anni Settanta e Ottanta esplose la crisi generale della siderurgia e ricominciò la lotta politica e sindacale. In quegli anni l’azione della Regione e del Parlamento impedì la deindustrializzazione e si avviarono i processi di riconversione e privatizzazione. Negli anni ’80, in particolare, gli operai dell’Acciaieria erano in prima fila nelle lotte per i piani siderurgici e tra i primi a scioperare contro il decreto che nel 1984 tagliò la scala mobile.

Quello fu un periodo decisivo per resistere alla crisi, investire e diventare competitivi nei mercati mondiali. Un periodo che aprì la strada alla privatizzazione, giunta nel 1994. Arrivando ai nostri giorni, è del 2004 una delle ultime, più grandi mobilitazioni registrate in Umbria per l’Ast. La Thyssen annuncia la chiusura del reparto Magnetico. Il 6 febbraio del 2004 la regione si ferma: in 30mila partecipano a Terni allo sciopero generale per bloccare il piano. Sulla questione intervengono il Governo e il Parlamento Europeo. Dopo giorni di lotta, l’operazione viene scongiurata. Oggi a distanza di 10 anni, la storia si ripete ma questa volta, sembra, con tinte molto più fosche, di cui non si ricordano precedenti. Una situazione quella attuale, che affonda le sue radici con a fine gennaio 2012 quando inizia l’odissea per la vendita del sito da parte di Outokumpu, sito successivamente riacquistato da ThyssenKrupp che, con il piano presentato nei giorni scorsi, sembra voler certificare il declino del sito storico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.