Consigli non richiesti al Pd umbro

di Pierluigi Castellani

La vicenda giudiziaria, che ha terremotato la giunta regionale ed il PD umbro, sta ancora mettendo  a dura prova questo partito agitato da un confronto, che vede da una parte il commissario Valter Verini e chi vorrebbe mantenere  in vita l’assemblea regionale come necessario luogo di confronto politico per preparare al meglio le prossime elezioni regionali. E’ indubbio che anche l’Umbria risenta dello spostamento a destra, che si registra in tutto il territorio nazionale. Il leader della Lega Matteo Salvini, forte dei sondaggi che lo danno favorito, non dismette neppure per un momento i panni di strenuo difensore dei confini nazionali e di fustigatore delle Ong, che salvano i migranti nel mare Mediterraneo. Promette altresì, in una costante schermaglia con il Presidente del Consiglio Conte e con il Ministro dell’Economia Tria, un abbassamento della pressione fiscale  senza però azzardarsi ad indicare dove troverà le risorse per compiere l’ardita operazione della flat tax . Al suo carro è oramai stabilmente agganciato il partito della Meloni tanto che in un redivivo centrodestra  Salvini e la Meloni detterebbero l’agenda ad una FI oramai residuale ed ininfluente.

In queste condizioni è certamente un’impresa ardua, anche se non impossibile, per il centrosinistra  riguadagnare la guida della regione, ma è premessa essenziale che il PD ritrovi la sua interna solidarietà e che possa così porsi alla guida di una coalizione allargata con una proposta politica ove insieme alla valorizzazione ed alla salvaguardia dei livelli di coesione sociale e di efficienza dei servizi, già garantiti dal  centrosinistra che in questi anni ha governato l’Umbria, ponga in essere anche un salto di qualità nella proposta programmatica per fare uscire la regione dalle problematiche che investono la sua economia. Senza il PD non si costruisce nessuna alleanza di centrosinistra. Per questo tutti debbono abbassare i toni e fare in modo che il commissariamento del partito umbro non sia l’occasione per proseguire, in altri modi, la battaglia congressuale, che si è chiusa nel dicembre scorso. Quelle primarie, che videro la partecipazione di 20.000 persone, furono salutate da tutti come un successo ed ora si dovrebbe quanto meno cercare di essere rispettosi del segnale di incoraggiamento e di fiducia, che da quella partecipazione è giunto. Non si tratta di stabilire se l’assemblea regionale, che da quelle primarie è scaturita, sia compatibile o meno con il commissariamento del partito ,anche perchè nessuno ha manifestato l’intenzione di mettere in discussione il ruolo del commissario. Un partito è tale se mantiene intatta l’agibilità interna di tutte le sue componenti e questo soprattutto per una forza come il PD, che è nato dall’incontro di più culture e tradizioni. L’assemblea regionale è proprio questo, un luogo di confronto e di sintesi, che trova la sua legittimazione dal concorso di quanti hanno partecipato alle primarie dello scorso dicembre. Nessun altro organismo nominato dall’alto, ancorché concordato,  può avere la medesima legittimazione. Mi auguro che nessuno insista in un arroccamento identitario, che avrebbe un non superabile e non tollerabile sapore di antico.