PADRE ANTONIO GIORGI. SAN DAMIANO, UNA PICCOLA CONCHIGLIA BIANCA

UMBRIA PER SEMPRE. BIOGRAFIE VALORI PERSONAGGI di Luciano Moretti e Maurizio Terzetti / Frate minore nel Convento di San Damiano ad Assisi, Padre Antonio Giorgi (1900 – 1965) è ricordato per avere avviato e diretto per circa vent’anni la “Sala francescana di cultura”, un “moderno apostolato” che ha fatto confluire popolo e intellettuali in gran numero nel luogo in cui ha risieduto Santa Chiara e San Francesco ha composto, dettandolo, il “Cantico di Frate Sole”. San Damiano, appunto, uno straordinario confine tra città e campagna, il posto per la più viva e solare meditazione, ma anche, grazie a Padre Antonio, per la più adeguata riflessione in comune sulla storia e il presente dell’uomo.

È quasi incredibile che un'attività culturale così raffinata e di grande impatto come quella intrapresa da Padre Antonio sia potuta cominciare l'indomani della conclusione della seconda guerra mondiale. Ma è lo stesso frate a testimoniarlo e a darne prove certe, stampate. Nella presentazione del volume che raccoglie gli atti del primo decennio di attività è scritto, infatti, che “l'attività sorse dal nulla nel 1945: un momento delicato e importante, religiosamente e politicamente. E le questioni affrontate sullo scorcio di quell'anno e poi nel 1946, in mezzo allo sbandamento penoso del dopoguerra, fra tante voci e programmi di ricostruzione, sono di particolare attualità: 'Vitalità e ricchezza del francescanesimo'; 'La povertà di fronte al Vangelo'; 'La presenza della donna nella ripresa della vita sociale'; 'Matrimonio e divorzio'; 'Religione e politica'... sono brevi ma dense pagine che si rincorrono con rapidità, e forse per questo non sono aride e riportano con piacere a quei non lontani e non felici anni”.

Si tratta, per lo più, di conferenze che sono chiamati a tenere nomi di rilievo del mondo cattolico. Poi, con gli anni, la regia dell'iniziativa culturale si fa più attenta e circostanziata, cerca di esaltare il grande fascino del luogo francescano e clariano con appuntamenti dati all'aperto, nelle sere d'estate: “Concerti vocali e strumentali allietano le varie manifestazioni, soprattutto le 'Sere di San Damiano' – un'iniziativa del 1947, di sapore particolare – inquadrate nella luce del tramonto o di notte, nel chiostro o sul sagrato del Santuario: una piccola conchiglia bianca pregna di sole o striata di argento, raccolta in silenzio dinanzi alla chiesetta”.

La grande intuizione di Padre Antonio sta tutta nel disegno di riuscire a tenere insieme l'evocatività sublime del luogo di San Damiano e l'ampliamento del dibattito culturale oltre i limiti specialistici della storia della dottrina francescana, inglobandovi i temi della più stretta attualità sociale e politica: “Il significato dell'attività di dieci anni” - è sempre Padre Antonio che scrive - “sta proprio in questo: andare oltre le apparenze e penetrare nell'intimo di uomini illustri, di eventi storici, ricorrenze, questioni dottrinali, per trarne quella luce che fa discernere gli errori, quella sapienza che talvolta dalla banalità delle cose riconduce a Dio, alla maniera semplice di Francesco e di Chiara d'Assisi”.

Gli “uomini illustri” che tornano puri e semplici pellegrini sono, nel 1949, Alcide De Gasperi, arrivato per l'ultima visita al Santuario, nel freddissimo giorno del 2 novembre 1949, o il cardinale Wyszynski, Primate di Polonia, ospite di Padre Antonio l'11 dicembre 1958: “L'eminente Principe della Chiesa - arrestato nel settembre del 1953 – non poteva certamente immaginare che proprio nell'umile 'luoghicciolo' così caro al cuore del Serafico Padre l'aspettava una gradita sorpresa. Egli, infatti, quando ancora si ignorava il luogo della sua detenzione, era stato oggetto di una grande significativa manifestazione, svoltasi il 17 gennaio 1954, nella Sala Francescana di San Damiano, non senza la speranza che un giorno sarebbe stato liberato e forse sarebbe venuto in Assisi. Non fu vana quella speranza! … quattro anni dopo quel voto si sarebbe realizzato”.

E, infatti, alla “Chiesa del Silenzio” e a tutte le ferite inferte dai regimi comunisti alla libertà di religione era subito stato dato un rilievo del tutto particolare, che sarebbe proseguito, essendo di grande e drammatica attualità, dopo il 1955 grazie a testimonianze dirette e a vivaci interventi, fra gli altri, dello stesso Padre Antonio, di Luciano Radi e di Nazzareno Fabbretti. Ancora, nel 1961, Padre Giorgi tenne una conferenza molto appassionata sostenendo che “la battaglia contro il comunismo si vince soprattutto sul terreno dello spirito”.

Un mare di aperture, dunque, connota il “moderno apostolato” di Padre Antonio, che però diventa inflessibile quando si tratta di affermare princìpi irrinunciabili, non solo in materia di comunismo. Così scrive di lui, nel 1970, il Ministro provinciale dei Frati Minori: “Chi ha conosciuto la mente e l'animo del Padre Giorgi sa molto bene che certe idee e certe impostazioni mentali che non sempre collimano con l'insegnamento ufficiale della chiesa non lo trovarono per nulla disponibile proprio perché hanno portato, spesso, alla contestazione sterile e demagogica”.

Padre Antonio è mancato molto giovane, sessantacinquenne, ma ha potuto estendere lo sguardo su tutti i problemi – da quelli dei giovani e dei “teddy boys” a quelli dei prodromi della chiesa di Giovanni XXIII; da quelli dell'era spaziale a quelli del laicismo, sui quali ultimi chiamò ad Assisi, nel 1960, un giovane Padre Ernesto Balducci; da quelli delle rievocazioni di musicisti e poeti come don Lorenzo Perosi e Giovanni Papini a quelli dell'istruzione, con l'assidua presenza di Giuseppe Ermini; da quelli della società civile a quelli della visione francescana, lasciati all'ispirazione di Arnaldo Fortini – che la società dei suoi giorni faceva bussare alle porte del Convento di San Damiano.

La domanda: “che cosa farebbe, oggi, Padre Antonio Giorgi?” non suoni irriguardosa nei confronti di un'attività della Sala francescana di cultura che è continuata positivamente ben oltre la morte del suo fondatore, con caratteristiche che ricordano senz'altro il tono degli inizi, con uomini illustri – fra tutti Oscar Luigi Scalfaro – che sono venuti a San Damiano in assoluta purezza e semplicità di spirito, senza clamori mediatici eccessivi e con un seguito di interesse popolare, mai ristretto alla cerchia intellettuale. Di Padre Antonio, in dedica nell'ultimo volume degli atti della Sala da lui curati prima della scomparsa, è stato scritto: “Comprese i laici, li pensò e li volle, in tempi di evoluzione, responsabilmente operanti nel cuore della Chiesa, per le istanze della storia, per il prestigio della Patria”. C'è, in tutto questo, un'aura di perenne freschezza culturale, di tensione ideale e di capacità organizzativa, che non si può paragonare a nulla del presente, ma che il presente custodisce come risorsa e come ispirazione. Non fosse che per questo motivo, la Sala di cultura di San Damiano, ad Assisi, andava ricordata e la figura di Padre Antonio Giorgi andava illustrata, francescana per una vita e umbra per sempre.

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