Voglia di proporzionale

di Pierluigi Castellani

E’ tornata una grande voglia di proporzionale nel parlamento italiano. Anche l’ultimo episodio che ha visto un senatore di Alternativa Popolare (forse già ex dopo la scomunica pronunciata da Alfano nei suoi confronti) istallarsi alla Presidenza della Commissione Affari Costituzionali del Senato con i voti di FI,della Lega, dei 5Stelle e molto probabilmente degli scissionisti del PD ( il voto era segreto ) sta a dimostrare quanto forti siano le resistenze per una nuova legge elettorale che , con una quota di maggioritario, assicuri la governabilità del paese. Con una legge elettorale, che sostanzialmente è quella già in vigore dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha cassato il ballottaggio, tutta la variegata frammentazione politica oggi esistente può contare di conquistare qualche seggio parlamentare e ad assicurare una dirigenza politica, interessata più al proprio particolare che agli interessi del paese, di essere rieletta. E poi c’è dell’altro. Lo schieramento che ha portato il sen. Torrisi alla presidenza della commissione,a ben guardare, è lo stesso che il 4 dicembre scorso si è schierato per il no, uno schieramento più disomogeneo che non si può , e che può recitare qualche no e fare qualche dispettuccio al PD, ma che non è in grado di proporre alcunche al paese. Quale proposta è venuta da questo schieramento dopo il 4 dicembre quando aveva promesso che in sei mesi avrebbe fatto approvare un nuova revisione costituzionale? E quale coerenza hanno dimostrato rappresentanti di partiti quali FI e Lega – e tra questi il sen. Calderoli il non dimenticato autore del porcellum – che oggi sposano il proporzionale quando nel passato hanno imposto al paese una legge ipermaggioritaria come appunto il cosiddetto porcellum ? E suona veramente patetica la motivazione, che  ha dato di questa conversione il sempre vivo Berlusconi, dicendo che la scelta del passato si spiega con il fatto che allora il sistema era bipolare mentre oggi è tripolare.

Forse non sa Berlusconi che nel sistema bipolare non c’è bisogno di inventarsi meccanismi maggioritari perché  comunque dei due uno vince ed assicura la governabilità e che invece è proprio in una situazione frammentata ,come quella di oggi, che c’è bisogno di una legge elettorale, che stimoli le aggregazioni e le semplificazioni se si vuole davvero superare , o almeno governare, questa frammentarietà. Insomma viene sempre fuori il nocciolo duro del dilemma in democrazia tra rappresentanza e governabilità , ben consapevoli che non si può forzare su uno dei corni del dilemma a scapito dell’altro, ma che appunto c’è bisogno di una saggia e ragionevole risposta ai due bisogni che connaturano una democrazia: rappresentanza e governabilità. La soluzione c’è già ed è stata ben sperimentata. La legge elettorale migliore è il Mattarellum, cioè la legge con cui si è votato dal 1994 al 2011, perchè con i collegi uninominali assicura la governabilità e con la quota proporzionale assicura la rappresentanza. Ma questa legge riproposta dal PD, con voto unanime quando ancora non era avvenuta la scissione, non trova una maggioranza in parlamento, ed allora ci si inoltra su tutte le strade che conducono ad una paralisi del parlamento, come  tentare di costruire una maggioranza del solo no nella commissione più importante del Senato. Ma se questa maggioranza ha saputo esprimere un presidente non gradito dal PD, ma ora ,con la dichiarazione di Alfano, anche da tutta la maggioranza di governo, saprà esprimere una qualche proposta di nuova legge elettorale? I dubbi ci sono e sono  molti. Ecco perché quella voglia di proporzionale, che è così presente nel parlamento, sembra unicamente potersi attestare su una serie di no, costringendo il popolo italiano ad andare al voto con un sistema iperproporzionale com’è il cosiddetto consultellum ( ed anche questa citazione vuole essere un omaggio al compianto Giovanni Sartori da poco scomparso), cioè la legge elettorale che risulta dopo le pronunce della Consulta sia sul porcellum che sull’italicum. Ma a chi irride ad una democrazia decidente per privilegiare una democrazia senza aggettivi vorrei ricordare che la crisi della democrazia giunge proprio quando una democrazia non è capace di affrontare in concreto i problemi del paese. La democrazia ,ricordano gli antichi saggi, è sì discussione ma con decisione. Il resto produce la crisi del parlamentarismo, con esiti disastrosi, come è avvenuto con la repubblica di Weimer.

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