Accessi impropri in Pronto soccorso, in Umbria evitabili almeno il 15%. Scelte sbagliate e utilizzo scorretto, medici a rischio e poco pagati

Basta andare al pronto soccorso dell’Ospedale di Perugia dopo le 20 per rendersi conto della eccessiva presenza di persone, a volte con pazienti in barella in attesa di essere visitati o ricoverati in un reparto. Un vero e proprio sovraffollamento che mette a dura prova il lavoro di medici e infermieri. Esattamente un anno fa – luglio 2020 – i direttori dei pronto soccorso di Perugia e Terni (Paolo Groff e Giorgio Parisi) denunciarono davanti alla terza commissione del Consiglio regionale dell’Umbria, presieduta da Eleonora Pace (Fdi), le pesanti criticità che mettevano a dura prova il lavoro dei sanitari. Le stesse preoccupazioni vennero portate a conoscenza dell’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, con una lettera che sottolineava l’assoluta necessità di ” ristabilire e far comprendere il ruolo dei pronto soccorso, strutture nelle quali si deve accedere  soltanto per trovare soluzioni per malattie acute che richiedono una risposta immediata e non risposte immediate alla cronicità”. La presidente della sezione regionale dell’Umbria della società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) , Maria Rita Taliani, denunciò le drammatiche condizioni di lavoro di medici e infermieri, a volte costretti anche a subire le violente proteste dei presenti. ” Si tratta di un mestiere duro – sottolineò la Taliani – rischioso e poco pagato, senza la possibilità di altri redditi, come dall’intramoenia”.  Per non parlare delle scene viste durante l’emergenza Covid con il pronto soccorso di Perugia finito sotto assedio e le ambulanze in fila per ore. Insomma, il pronto soccorso è una struttura sempre aperta che non manda via nessuno. Ma proprio per questo bisogna farne un uso responsabile  per evitare disservizi a discapito di chi ha veramente urgenza. L’utilizzo scorretto può solo in parte dipendere dalle scelte del cittadino che, preoccupato dalla comparsa improvvisa di un sintomo di malessere, non aspetta di sentire il proprio medico (cosa non semplice dopo le 20) e capire cosa sia meglio fare. La maggior parte delle volte però è la conseguenza dell’assenza di un’adeguata rete di assistenza sul territorio, che spinge il paziente a rivolgersi al servizio di emergenza. In realtà al pronto soccorso dovrebbero arrivare i casi oggettivamente acuti e urgenti, non risolvibili dal medico di medicina generale, che necessitano di interventi diagnostici e terapeutici immediati. Qualcuno potrebbe rispondere che gli studi dei medici di famiglia e dei pediatri del territorio sono spesso chiusi, soprattutto dopo le 20. Questo sicuramente può essere un problema che le autorità regionali e locali dovrebbero affrontare piuttosto che continuare a fare spallucce. Ma c’è un servizio che, almeno in parte, dovrebbe venire incontro a tali esigenze: quello dell’ex guardia medica, oggi servizio di continuità assistenziale. Anche su questo in Umbria si registrano lacune evidenti che contribuiscono a creare disservizi alla rete dell’emergenza. Tanti elementi negativi che si traducono in un caos generalizzato e in un ricorso inappropriato al pronto soccorso che il più delle volte viene considerato l’unica valida alternativa al medico di base ed alle strutture del territorio. Basta chiederlo ai medici e infermieri che lavorano nel pronto soccorso di Perugia, Terni o Foligno, per trovare la conferma di un crescente aumento di accessi impropri. Del resto i dati non solo non smentiscono tutto ciò ma confermano drammaticamente  i disservizi elencati con gravi ripercussioni su tutto il sistema di assistenza. In Umbria, infatti, fonte ministero della salute, il 66,42% degli accessi in pronto soccorso sono in codice verde, cioè riguarda urgenze minori ed è attribuito a persone che non corrono un rischio immediato. Il 18,37% degli accessi sono, invece, in codice giallo, in questo caso si tratta  di persone con problemi gravi che devono essere tenuti sotto controllo e visitati nel minor tempo possibile mentre l’ 1,51% in codice rosso, cioè persone che sono in pericolo di vita e che hanno bisogno di un intervento immediato. Poi si registrano accessi che riguardano pazienti che non avrebbero motivi di rivolgersi al pronto soccorso: 9,01% di accessi in codice bianco e 4,68% n.e. (non eseguito). Alla fine quasi un 15% di accessi al pronto soccorso in Umbria, escludendo tutti quelli in codice verde , sono impropri e quindi evitabili. Forse proprio questa è una delle vere emergenze del sistema sanitario umbro che andrebbe affrontata e risolta senza aspettare – parola ormai inflazionata –  il nuovo piano sanitario.