Riemerge la pandemia della “sanità negata”: difficoltà ad accedere a diagnosi e interventi. Il caso di Foligno

Ci risiamo. La nuova emergenza Omicron sta facendo riemergere un’altra pandemia: quella della “sanità negata”. Gli Ospedali per far fronte alla situazione, stanno riconvertendo i reparti per assistere i nuovi contagiati (in Umbria oggi sono 222 i pazienti Covid ricoverati) spesso non vaccinati; stanno rimandando gli interventi chirurgici; stanno sospendendo altre attività, molte delle quali di prevenzione. La conseguenza, come si è verificato in questi due anni, è che c’è un ritardo nella diagnosi delle malattie con un aumento del rischio di mortalità. Non solo: l’emergenza Covid sta penalizzando anche la prevenzione. Si sono persi esami di screening per l’identificazione precoce di tumori, principalmente quelli alla mammella con la mammografia e quello del colon  con la ricerca del sangue occulto. Sicuramente qualcosa non ha e non sta funzionando. In queste ore sta arrivando l’allarme degli oncologi: ” Si assiste di nuovo ad una fortissima riduzione di attività diagnostiche e interventi chirurgici per molti pazienti, anche per i malati oncologici”. Stesso allarme è arrivato anche dalla Società italiana di chirurgia per “la drammatica riduzione degli interventi ordinari negli ospedali. Si assiste all’aggravamento delle patologie tumorali che spesso arrivano tardi in ospedale ormai inoperabili”. Una situazione che rischia di diventare esplosiva, con personale dirottato in altri servizi, come viene denunciato dai sindacati per l’Ospedale di Foligno. Il day surgery convertito in medicina bianca per recuperare posti letto passati al Covid, la rianimazione che ha visto perdere personale dirottato nel modulo prefabbricato riaperto per il Covid e poi, denunciano ancora i sindacati, su “decisione della Regione è stata stoppata tutta l’attività chirurgica programmata e gli infermieri della sala operatoria sono stati dirottati anch’essi all’attività Covid”.  Per i rappresentanti dei lavoratori della sanità “l’inerzia della Regione, dopo due anni di pandemia, sta portando al collasso il sistema sanitario pubblico”.  Stessa cosa nel resto delle strutture umbre, in particolare all’Ospedale di Perugia. ” Dagli Ospedali e dai territori arriva il grido d’allarme dei sanitari e dei cittadini. Per riaprire reparti Covid vengono trasferiti gli operatori dai reparti ordinari, con l’aggravante che le aziende  sanitarie, paradossalmente, non solo non assumono  ma neppure rinnovano i contratti in scadenza”, così alcuni giorni fa il segretario regionale dellla Uil Umbria Maurizio Molinari. La presidente della Regione Donatella Tesei ha provato ha ridimensionare la gravità della situazione. Lo ha fatto ieri nel corso della seduta del Consiglio Regionale: ” Abbiamo ridotto – ha detto la governatrice dell’Umbria – le liste di attesa passando da 290 mila a 70 mila prestazioni. Forse abbiamo fatto conoscere poco questa azione, ma ora è evidente che questo impatto pesa su una fascia molto più piccola della popolazione, comunque da attenzionare”. Alla Tesei replica però il segretario del Pd Tommaso Bori: ” Ci troviamo di fronte ad una vera e propria disorganizzazione, dovuta ad una profonda incompetenza, con i cittadini umbri costretti a subire disagi e disservizi”.