Gubbio, il prof Genzolini presenta il libro “Resisti cuore”

GUBBIO – Domenica 22 ottobre 2017 il professore di filosofia Marco Genzolini presenterà a Gubbio la sua nuova pubblicazione “RESISTI CUORE” all’ex refettorio della Biblioteca Sperelliana al complesso di San Pietro alle ore 18.00. Genzolini ha mantenuto vivo il legame con gli studenti del liceo classico Mazzatinti incontrati nell’anno scolastico ’95-’96 tanto da scegliere anche Gubbio per presentare il suo libro “Resisti Cuore. Il tragico nella filosofia dell’Ottocento”, Morlacchi Editore U.P.

Per questo è stata invitata anche la Fondazione Mazzatinti del presidente Gianfranco Cesarini. Alla presentazione, assieme all’autore, saranno presenti anche il professore Piergiorgio Sensi, docente di filosofia al liceo classico di Perugia, il maestro Giulio Castrica alla chitarra, la giornalista Elisa Neri come moderatrice e tutti gli studenti eugubini della IC. Tutti insieme per ricordare l’amico, il compagno di scuola e lo studente Roberto Minelli scomparso troppo presto.

“Nel Novecento, dopo la cosiddetta “morte di Dio” e l’avvento del nichilismo, il senso del patire, quindi dello stesso esistere, fatica a trovare una forma adeguata finendo per presentarsi in quanto dolore inutile, quindi insopportabile………La società contemporanea continua ad essere dominata dalla richiesta di un orizzonte di significato che cacci dalla mente “il dolore che rende folli”.

…….Il dolore, fattosi “scandaloso”, viene da una parte esorcizzato con la sua esposizione e, addirittura, spettacolarizzazione, dall’altra consegnato all’ambito della biopolitica perché lo gestisca in quanto BIOS”.

Il lavoro del prof. Genzolini vuole guidare i lettori per mano nel capire come si è arrivati a questa nostra contemporaneità. Hegel e Schopenhauer, Hölderlin e Kierkegaard, Schiller e Nietzsche, non solo per gli addetti ai lavori ma per tutti coloro sentono vivo il bisogno di interrogarsi, per studenti e curiosi di ogni età, per conoscere come il senso del tragico si sia trasformato dalla fine del Settecento, non più come materia teatrale, ma come categoria del vivere.

RECENSIONI
“Ciò che spaventa non è il dolore in sé, ma il dolore inutile, quello che, come dice Eschilo, “getta la mente nella follia”. Proprio per questo ogni civiltà ha elaborato degli scenari di senso condivisi in cui il dolore viene indirizzato e compreso. L’Occidente ne ha conosciuti due: la tragedia e la redenzione. La prima è caratteristica del mondo greco, la seconda di quello cristiano. La tragedia si basa sulla possibilità di “impiegare” il dolore come strumento di conoscenza e di purificazione. La redenzione si basa sull’idea di un Dio morente sulla croce che, con il suo strazio, riscatta i peccati del’umanità promettendole un’altra vita, destinata a svolgersi non qui, sulla terra, bensì in Paradiso, lì dove ogni lacrima verrà asciugata. Ma la tragedia, come ci ha insegnato Nietzsche, è morta (anche se, probabilmente, non a causa dei suoi avversari -Socrate, Euripide, Platone-, quanto per via di quelle stesse contraddizioni che l’avevano resa possibile) e il cristianesimo, a partire dal XVIII secolo, conosce un declino inarrestabile (ciò spingerà Nietzsche, un secolo dopo, a pronunciare la famosa sentenza “Dio è morto”). In questa cornice, in Germania, dopo che le sensibilità più raffinate avevano compreso come “gli dei avessero abbandonato il mondo” e gli uomini fossero rimasti soli, tra il 1791 e il 1888, viene compiuto il tentativo di elaborare un nuovo modello di razionalità che abbia le sue basi nella tragedia attica. Tragico diventa quel pensiero cui viene affidato il compito di pensare l’impensabile: il polarizzarsi delle contraddizioni, la sofferenza più atroce, l’interiorità nella sua dimensione maggiormente ambigua ed elusiva. Hegel e Schopenhauer, Hölderlin e Kierkegaard, Schiller e Nietzsche continuano a porsi, per più di un verso, agli antipodi gli uni rispetto agli altri ma, contemporaneamente, risultano essere legati in profondità dal medesimo riferimento a un linguaggio fatto di miti e di simboli che rimanda agli albori della civiltà occidentale e che, carsicamente, seppure sotto vesti sempre nuove, sembra tornare, quale fonte di smarrimento e di orientamento, nel labirinto della vita”.
“Alla fine del Settecento, in Germania, fra le sensibilità più acute, si fa strada la convinzione di essere davanti a una svolta epocale. Le due grandi rivoluzioni politiche, l’americana e la francese; le trasformazioni sociali in corso, con il profilarsi dell’egemonia economico-culturale borghese; la disputa sul criticismo, sospesa tra le accuse di ateismo e di idealismo mosse a Kant e il dibattito sulla natura conflittuale della “Cosa in sé”, dagli intellettuali che fanno da tramite tra lo “Sturm und Drang” e la “Frühromantik” non vengono visti come avvenimenti autonomi, bensì alla stregua di epifenomeni indotti da movimenti “tellurici” che stanno incrinando le visioni del mondo tradizionali. Parallelamente, per loro, il soprasensibile perde sia gran parte della sua capacità normativa sia quell’attitudine al “Grande Stile” che ne aveva caratterizzato la storia millenaria. Gradatamente la metafisica smette di svolgere il ruolo di “kat ’échon”, di argine che trattiene il caos e, anzi, inizia a produrre, a sua volta, disordine e conflitti. Gli stessi “valori supremi”, quei principi sui quali si era basata la civiltà occidentale (Dio, il Bene, la bellezza), non solo si trovano esposti agli attacchi del nichilismo, ma vengono visti come le sue, possibili, cause implicite. In un quadro del genere, soprattutto all’interno della “Sinistra schilleriana”, si fa strada la convinzione che esclusivamente un nuovo modello di pensiero, dialettico, aperto e in divenire, possa riuscire, contemporaneamente, a decodificare questa “malattia dello spirito” e ad approntare i rimedi per sanarla. Un pensiero, questo, in grado di leggere la realtà senza lenti deformanti, “nulla al ver detraendo”, anzi, capace di partire proprio da quel “nulla” che ne minaccia la sussistenza per enuclearne i profondi rapporti con l’essere. All’inizio i giovani intellettuali tedeschi cresciuti nel culto di Goethe e di Schiller, successivamente tutti i maggiori filosofi dell’epoca, si convincono che solo tornando alle radici della civiltà europea, in quel mondo greco che ha dato i natali all’ontologia, all’arte, e alla politica moderne, sia possibile approntare una riflessione adeguata ai tempi. Ecco quindi profilarsi l’elaborazione, anzi, l’invenzione, di un modello di razionalità “tragico” che, ben presto, diventa il tratto comune tra pensatori i più diversi per impostazioni, caratteri e scopi. Con il termine “tragedia” non ci si riferisce più allora al solo ambito drammaturgico, ma anche a quello speculativo. Tragico o, meglio, post-tragico diventa quel pensiero cui viene demandato il compito di pensare l’impensabile: il polarizzarsi delle contraddizioni, la sofferenza più atroce, l’interiorità nella sua dimensione maggiormente ambigua ed elusiva. In questo modo, Hegel e Schopenhauer, Hölderlin e Kierkegaard, Schiller e Nietzsche continuano a porsi, per più di un verso, agli antipodi gli uni rispetto agli altri ma, contemporaneamente, risultano essere legati in profondità dal medesimo riferimento a un linguaggio fatto di miti e di simboli che rimanda agli albori della civiltà occidentale e che, carsicamente, seppure sotto vesti sempre nuove, sembra tornare, quale fonte di smarrimento e di orientamento, nel labirinto della vita”.
BIOGRAFIA
Marco Genzolini si è laureato in Filosofia. A perugina con una tesi su Nietzsche.
Si è occupato di temi quali il nichilismo nella cultura contemporanea e la soggettività nell’idealismo classico tedesco.
Ha pubblicato articoli di carattere filosofico in Italia e in Francia.
Per un decennio ha tenuto corsi di psicologia dinamica in un Istituto Universitario perugino.
Ha fatto parte di alcuni gruppi di lavoro impegnati, presso l’IRRE Umbria, in una serie di ricerche sulla didattica della storia e della filosofia. Ha inoltre svolto per il Provveditorato l’incarico di formatore in due corsi abilitanti in Filosofia.
Attualmente insegna a Perugia.
Ha pubblicato per i tipi di Morlacchi SONO STATO INUMANO. LA STRATEGIA DELLA TENSIONE VISTA DAI PROTAGONISTI POLITICI DELL’EPOCA e ABISSO E RETTA.GENEALOGIA DELLA MODERNITÀ.

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