ASTE&RISCHI TERNI: COSE MILITARI, METELLI, DE FELICE

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NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / L’ultimo esempio viene proprio da Terni: secondo la stampa nazionale, il Polo di Mantenimento delle Armi Leggere, ubicato in città, si sarebbe reso responsabile di un colossale “spreco” per avere acquistato 2.000 rotoli di panno carta per un importo totale di 34.300 euro Iva esclusa, venendo a costare, ciascun “rotolone”, 17 vergognosi euro da mettere in conto alle disastrate finanze statali.

I militari hanno opposto ragioni tecniche che, fino a smentita, sembrano inoppugnabili. Il problema è, dunque, che, a meno che non ci siano davvero gli estremi per ribadire un'accusa da parte degli organi di stampa, la vicenda presto scenderà nel silenzio ma, intanto, sarà stata tirata una bordata su un'eccellenza militare nazionale e su una città in ogni caso incolpevole. L'assurdo sarà che la stampa ha tirato sull'Esercito e che l'Esercito ha risposto con armi caricate a salve. È più in guerra – ergo - certa stampa che i militari di professione. Una guerra fatta di cifre, che vede i giornalisti indossare le vesti dei ragionieri e contabilizzare, più e meglio di un revisore dei conti, voci di spesa e centri di costo, sparare anatemi in faccia all'opinione pubblica, darsi da fare per arginare lo sfascio della spesa pubblica con la prima terapia utile proposta da economisti sparacchioni. Il cerchio della colpevolizzazione si allarga subito: alla fine di un articolo, ad esempio, ci saremo dimenticati che eravamo partiti dai “rotoloni” per il Polo di Terni e saremo ricondotti a filippiche sulla necessità di ridurre i centri di spesa in qualunque angolo d'Italia in cui un triste impiegato si accinga ad effettuare acqusiti. Il Governo, d'accordo, si starà anche muovendo su questa linea, ma, intanto, perché un giornalista deve essere considerato più furbo e più preparato di un travet nello svolgere una pratica amministrativa? Avrei proprio voglia di far scambiare loro, per un giorno, le parti e vedere chi, nel campo che non gli è proprio, se la cava meglio dell'altro! L'esperimento non si farà mai, ma, intanto, a causa delle restrizioni di spesa e della soppressione di certi enti, si conta qualche caso di indefesso pacifista, abituato a razzolare nelle pubbliche amministrazioni che, pur di rimanervi, trova comodo andare a fare l'impiegato tout court nel momento in cui la sua attività, pagata, per la pace non è più contemplata fra i compiti di un certo ente pubblico. Ecco l'impiegato perfetto: bravo giornalista e opinionista un dì, aspirante acquirente dei centri di spesa oggi, versato, in ogni caso, nelle cose militari. Forse lui – che per combattere le armi una certa cultura in materia se la sarà fatta - ci spiegherà se i militari hanno fatto l'acquisto giusto al prezzo giusto. La spending intellettuale: provare per credere.

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Orneore Metelli, al quale è intitolato il Liceo artistico di Terni in questi giorni molto nominato per la protesta che gli studenti stanno portando avanti contro il momentaneo trasferimento delle classi dalla sede storica di Piazza Briccialdi a quella di Viale Trieste, avrebbe dispensato un po' della sua tenacia non puntando i piedi, ma assecondando un movimento utile a sé e agli altri, anche a costo di qualche sacrificio. Egli, che era un autodidatta e un appassionato di musica, era diventato primo bombardino nella banda comunale di Terni e poi primo trombone dell'orchestra del Teatro Verdi, ma per motivi di salute non aveva potuto continuare a suonare. Fu così che, a cinquant'anni, all'inizio degli Anni Venti del Novecento, iniziò a dipingere, realizzando quella pittura che non pregiudicava la sua salute e tonificava il suo cuore malandato. Doveva, però, vedersela col suo lavoro, che era di calzolaio e così, solo dopo avere finito col deschetto, di sera e di notte, si metteva a dipingere e a produrre.
Ma Metelli era un naïf, una genìa della quale si è perso lo stampo. La strada per studiare e per formarsi, anche nel campo dell'arte, passa per le burocrazie della Provincia, dei Vigili del Fuoco, dei Dirigenti scolastici e dei consiglieri comunali. E bisogna prenderne atto, lasciare, forse, che i procedimenti amministrativi facciano il loro corso, avere e utilizzare la costanza creativa qualunque sia la condizione ambientale in cui ti viene concesso di esplicarla. Qualunque resistenza contro la burocrazia rafforza le ragioni dei tecnici e dei politici e, fissata la soglia minima della messa in campo di alcuni diritti inalienabili, bisogna non perdere il proprio tempo dietro un gioco per adulti incattiviti a causa dei loro sogni adolescenziali andati a male.

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A proposito di Metelli: tutti sanno che a scoprirlo e a valorizzarlo a lungo, anche dopo la sua morte, è stato il grande scultore ternano Aurelio De Felice. Ma in pochi ricordano che, proprio quest'anno, ricorre il centenario della nascita di De Felice, nato, per l'appunto, a Torre Orsina il 29 ottobre 1915. In molti lo sanno, ma in pochi sono intenzionati a ricordarlo, se, fino ad ora, non giunge notizia di nessuna opportuna iniziativa al riguardo. Eppure il Museo d’arte moderna e contemporanea “Aurelio De Felice”, allestito a Terni all’interno di Caos, nasce dall’unificazione delle donazioni fatte a più riprese dallo scultore al Comune e alla Provincia di Terni (complessivamente circa 800 opere).
Non sono gli uomini a essere ingenerosi: sarebbe eccessivo mettere in conto agli uomini la palese disparità a causa della quale, in una stessa piccola regione, a cento anni di distanza, si istituiscono per tempo Comitati nazionali ad hoc per Alberto Burri e per Aurelio De Felice – stessa classe, nel senso generazionale – non si allestisce almeno un programma all'altezza del suo valore.
Non sono gli uomini, è la storia. Preferisco pensarla in questi termini, per non farmi troppo male con un'amara riflessione. E intanto spero ardentemente che l'informazione giusta per gli eventi da dedicare a De Felice mi sia sfuggita.

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