DIS…CORSIVI. I TURISTI

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Sono arrivati i turisti e, di colpo, le nostre città hanno cambiato volto, sembrano più sorridenti, le occupazioni quotidiane dei residenti quasi spariscono di fronte al via vai di gente in libertà.

Loro, i turisti, sono privi di occupazioni, questi, i residenti, rimangono indaffarati per loro conto e si mostrano indifferenti, salvo chi lavora nella ricettività, al passeggio continuo di giovani e anziani per le strade delle loro città.
I centri storici umbri sono piccoli, ci vuole poco a simulare un'invasione “forestiera” da parte di un movimento turistico più o meno nella norma. Ci vorrebbe uno sguardo “terzo” - né quello dei turisti, né quello degli abitanti – per vedere le cose nella loro giusta proporzione. Si vedrebbe che i turisti tutto vogliono fare meno che colonizzare i borghi e, sull'altro fronte, si capirebbe che una loro residua vita di comunità i residenti l'hanno mantenuta. Si noterebbe, tuttavia, che questo residuo sociale locale si assottiglia sempre di più: nei centri storici, i rioni, o come si chiamino di volta in volta, sono spopolati, le famiglie abitano nelle periferie o nelle zone di nuova edificazione delle città, solo più alcuni bar esercitano la funzione di coagulo di residenti, nelle chiese, gli abitanti del “loco” si ritrovano solo a certe funzioni e a determinati orari.
In questo scenario, è chiaro che la presenza dei turisti diviene imperante e dominante. È un fatto di densità – temporanea e provvisoria – abitativa: basterebbe confrontare i numeri delle presenze negli alberghi e nelle strutture ricettive e quelle dei residenti nei centri storici durante i periodi di afflusso turistico forte, come senz'altro è la Pasqua.
L'occhio “terzo” - a questo punto, vista l'irreversibilità del fenomeno – consiglierebbe non più semplicemente di adottare politiche turistiche definite da qualche piano di marketing. Esso si spingerebbe a guardare più oltre, ad anticipare un po' i tempi, a considerare - finalmente e strutturalmente - le nostre città dei grandi musei a cielo aperto. Chi li frequenta e li visita dovrebbe conoscere un po' anche i residenti e questi, aloro volta, dovrebbero trovare il modo di farsi conoscere. Essi, i residenti, non sono più solo i custodi della comunità. Un po' turisti in casa propria, e “forestieri”, come si diceva una volta, lo sono diventati anch'essi, vista la trasformazione radicale che hanno subìto i loro ambienti dell'infanzia, le loro piazze e i loro vicoli, le chiese e i castelli, le torri e le porte.
Si capisce molto bene che non è più solo questione di turismo, il turismo andava bene cinquant'anni fa, al limite una trentina d'anni fa. Oggi ci vuole “solo” una grande presa di coscienza culturale, bisogna agire sulla pelle e sulla sensibilità di chiunque – turista o residente – si muove nei musei totali che sono diventati i nostri centri storici. Forse si potrebbe ripartire dal concetto di “ospitalità”, ma sapendo bene che la casa in cui arrivano i turisti è già un po', spiritualmente, anche la loro e che chi mette a disposizione la migliore ospitalità lo fa anche, un po', per ritrovare qualche radice meno superficiale del proprio sentirsi a casa.

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