DIS…CORSIVI. LA BEFANA, O L’ARTE DI GIOCARE CON LA PAROLA

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / “Chiamasi Befana quel fantoccio di cenci, che la notte della vigilia dell’epifania, detta anticamente per corruzione befania, portasi in Italia particolarmente attorno, e nel giorno stesso di quella solennità ponesi per ischerzo dai fanciulli, e dalle femmine alla finestra”.

Così si legge nel “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro ai nostri giorni”, pubblicato tra il 1840 e il 1861 dal cavalier Gaetano Moroni, bibliofilo, erudito, nonché Aiutante di camera dei Pontefici Gregorio XVI e Pio IX.
Anche se la visione religiosa, rispetto ai tempi di Pio IX, ha subìto radicali sconvolgimenti, permane, attraverso la corruzione di epifania di Gesù Cristo in befania e befana, tutta la profonda distanza che separa il sacro dal profano all'interno dello stesso giorno del 6 gennaio. Da un lato, dunque, nel massimo rispetto, la manifestazione del Signore, dall'altro, invece, con qualunque intento caricaturale, spazio ai calembour e ai divertimenti, con le cose e con le parole, dell'universo linguistico legato alla Befana.
Oggi, in questo senso, laicamente si apre una sorta di carnevale che ci prefiguriamo tanto per non abbandonare drasticamente, da un giorno all'altro, l'atmosfera festaiola nella quale siamo immersi fino alla gola da almeno due settimane. Certo, il Carnevale risponde a regole e tempi che con la Befana non hanno precisi accostamenti, ma, ugualmente, il senso dello scherno e della beffa, per noi cose carnevalesche, qualcuno in passato ha potuto associarlo anche al termine “Befana”.
Rivela, infatti, ancora il “Dizionario” di Moroni: “Si legge nelle curiosissime facezie di Lodovico Domenichi, Venezia 1588 p. 300, che Vincenzo Arnolfini solea celiando derivare l'etimologia della Befania dalla Beffa, che i re magi, da lume superiore guidati e avvertiti, fecero ad Erode, essendosi incamminati per altra strada, invece di tornare a partecipargli ov'era il nato Messia. Ed infatti, Dio il quale conoscea l'ipocrisia e il disegno detestabile di Erode, mise loro in cuore un pensiero affatto contrario, e se ne tornarono per un'altra via ne' loro paesi”.
I re magi che beffano i rappresentanti del potere: chi sono, oggi, gli uni e gli altri? I magi, senz'altro, tutti coloro che se ne infischiano della loro autorità, per quanto grande, e la rimettono sempre nelle mani di un consiglio superiore alle loro, pur grandi forze, quando ciò si rivela necessario. I rappresentanti del potere, invece, sono, sotto ogni costellazione, quelli che, con il loro comando, non guardano che agli effetti delle loro deliberazioni e rimangono ciechi e sordi di fronte a qualunque ricerca di verità ulteriore venga sollecitata sotto i loro troni.
A legarli, nel nome dalla etimologia più strampalata che mai, la parola “beffa”. Beffarsi di qualcuno che ci è più potente significa mettere in atto nei suoi confronti tutta una serie di accorgimenti verbali semiseri, profondamente ironici e drasticamente irriverenti, grazie ai quali, dicendo e non dicendo, adombrando la certezza e sfuggendo alla serietà, si fa cadere nel ridicolo il rappresentante del potere e lo si raggira, nel senso che gli si gira intorno senza essere da lui individuati, colpiti, bastonati.
Fare in questa maniera, oggi 6 gennaio e in ogni giorno dell'anno, significa festeggiare il senso più eccentrico della Befana, che già del suo è una circostanza di eccentricità e di stramberia. E nessuna “beffa” è - o sia mai! - una cosa seria, altrimenti il raggiro non riesce, i rappresentanti di un potere più grande del tuo ti capiscono e prendono le contromisure, ti annoverano fra i responsabili, magari, di una palese provocazione e ti lasciano andare a briglia sciolte nella zona franca del gioco delle parti. Niente di più ridicolo c'è di una caricatura riuscita a metà: è tempo sprecato, ingegno buttato alle ortiche, opportunità persa sia per la serietà della politica sia per il sarcasmo degli intellettuali.
La politica, invece, sublimemente, giocherà anche, quando ci vuole, con le parole, ridicolizzerà le gabbie verbali e le oscurità retoriche dei politici più testardi, prenderà strade impensabili ai suoi servitori più cocciuti. Rimarrà una cosa seria, certamente, ma per affermare un diritto o per dare vita ad atti di giustizia farà come i re magi e non come Erode: capirà di dover ricorrere a una “beffa”, guidata da una sapienza superiore. Eloquente come il richiamo di una voce popolare e non come il suggerimento di un grande pensatore, la beffa della Befana avrà fatto, in qualunque giorno dell'anno, il più gran regalo che sia possibile concepire da umano interesse alla civile convivenza.

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