L’Umbria e le ipotesi della macroregioni

di Pierluigi Castellani

E’ iniziato il nuovo anno e la nostra regione, insieme a molte altre, si troverà di fronte al rinnovo del consiglio regionale in un anno che,  con la riscrittura del titolo V della costituzione, dovrebbe essere di svolta per il regionalismo a distanza di quasi cinquanta anni dalla nascita delle regioni. Sarà di svolta perché, con la soppressione delle province, anche le regioni dovranno ridisegnare le proprie competenze soprattutto a livello di gestione del territorio. Ma con ogni probabilità la nostra regione dovrà anche affrontare il tema delle macroregioni che si sta affacciando prepotentemente nel dibattito politico italiano. Basti pensare che due presidenti, aborro il titolo di governatori, di regioni di peso come Chiamparino e Zingaretti lo hanno chiaramente richiamato nelle loro più recenti dichiarazioni.

Il tema delle macroregioni non è nuovo. Lo pose  la fondazione Agnelli nei primi anni ottanta e viene ripreso ora perché emerge con forza il problema della dimensione del territorio da governare soprattutto a livello di servizi generali ,che per economie di scala hanno bisogno di un vasto territorio da gestire. E’ stato ripreso  nella seconda metà degli anni novanta quando si parlò in Umbria e nel Lazio della cosiddetta Italia mediana e potrà non essere più eludibile quando ,una volta soppresse le province con la riforma costituzionale già all’esame del parlamento, il problema della dimensione territoriale delle regioni per un’adeguata gestione del territorio a livello di infrastrutture e di servizi  quali i rifiuti, il trasporto, la difesa del territorio ed altro si imporrà all’attenzione della politica anche per diminuirne i costi.

Ed allora che farà l’Umbria ? Credo che a questa domanda si possa dare una risposta adeguata se ,ad esempio, per quanto riguarda i costi della politica non si fa confusione con i costi della democrazia, quest’ultimi davvero incomprimibili. La diminuzione dei consiglieri regionali da 30 a 20 ed una corretta e trasparente gestione del capitolo consulenze e del servizio sanitario, già per altro positivamente affrontato nella nostra regione,dovrebbero già raggiungere risultati soddisfacenti per quanto riguarda i costi della politica, mentre una visione più allargata ed integrata con le regioni contermini : Lazio , Toscana e Marche, dovrebbe essere sufficiente a superare una gestione particolaristica  e localistica della questione infrastrutture e servizi generali. C’è poi una questione fondamentale che ritengo necessario ricordare. L’Umbria da espressione meramente geografica con l’istituzione della regione ha via via  acquistato una propria identità . Credo che ora gli umbri si ritengano veramente umbri. In un’area più vasta inevitabilmente il ternano sarebbe fagocitato dal Lazio e il perugino dalla Toscana rompendo quella identità e sottolineo solidarietà fino ad ora conquistata. C’è infine una questione di fondo che riguarda il superamento del mero localismo come ottica di gestione dei problemi collettivi. In un’area più vasta, che allontanerebbe anche la sede delle decisioni democratiche, l’identità umbra verrebbe a perdersi per tornare ad una rivendicazione delle identità incentrate su  territori più ristretti, che possono ricondursi al proprio municipio o al proprio campanile. Questo è un dato di fatto che si registra in tutti i processi che portano a profondi mutamenti sociali. Si pensi al destino che sta vivendo oggi l’Europa messa in crisi  dagli interessi localistici di questo o quell’altro paese. Più si allarga l’orizzonte più ci si rinchiude nelle identità negate. I popoli e le nazioni hanno bisogno di riconoscersi in una propria identità, che significa anche valori ed interessi comuni. Siamo proprio sicuri che gli umbri non abbiano ancora  bisogno dell’Umbria?

2 pensieri riguardo “L’Umbria e le ipotesi della macroregioni

  • Gen 27, 2016 in 12:39
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    il suo discorso ha valore soprattutto dove dice che i costi della politica non devono essere confusi con i costi della democrazia, quando osserva che occorre, e si può, risparmiare con consorzi tra regioni e quando si chiede se gli umbri non abbiano ancora bisogno dell’umbria. per quest’ultima cosa si possono sentire gli umbri con un referndum. Stalin è morto! decidano i popoli. per le regioni centrali, sentiti i popoli e le comunità, perché non potrebbe venire fuori una macroregione tra emilia romagna, marche e umbria? Magari una particolare attenzione potrebbe essere posta a sentire la provincia di piacenza che potrebbe voler andare con il Piemonte, o ascoli piceno che potrebbe voler andare con l’abruzzo. gli umbri potrebbero volr andare terni con orvieto con lazio, perugia con la toscana , insieme a viterbo, gubbio, spoleto con marche ed emilia romagna. se gli umbri così decidessero non si potrebbe dire che non sono stati in linea con la ragione e con la storia.

  • Gen 27, 2016 in 16:49
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    riterrei di aggiungere alla mia precedente e mail: perché non organizzare un convergno magari a perugia sul tema? nel 1994 se ne organizzò uno a perugia molto importante; c’ero e intervenni. l’importante che non vengano prese decisioni non condivise dalle popolazioni, contrarie alla storia e all’economia; penso sia adesso l’ultimo momento per parlare ed incidere dino jajani

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