DIS…CORSIVO. ASSISI, 1 AGOSTO 1475

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Il “Diario storico assisano francescano” è una singolare pubblicazione del 1926, in cui l’autore, Francesco Pennacchi, assegna a ogni giorno dell’anno il ricordo di un evento particolarmente significativo della storia della città di Assisi,

assortendo date fra loro distanti in una lenta cavalcata lungo i secoli e ricomponendo il puzzle dei contrasti nell'armonia di una narrazione rapida, consistente poco più che in una sapiente raccolta di titoli, in un indice di argomenti e vicende che si è invogliati ad andarsi a rileggere fra i documenti e le memorie degli archivi cittadini.
Per la data del 1 agosto, lo storico del francescanesimo ha scelto l'anno 1475 e ha compilato questo titolo-notizia: “In occasione della festa del Perdono vi fu una fiera zuffa tra Assisani e Perugini per futili motivi”.
Il fatto, a giudizio di Pennacchi, merita di essere ricordato perché avvenne durante un periodo di pacificazione della città di Assisi, che “si risollevava davvero con un fervore che poteva paragonarsi a quello che era seguito alla morte del Santo. Si lavorava dappertutto, alla Basilica, alla rocca, alle mura, al palazzo dei Priori” (A. Fortini). E le cronache del tempo, come riporta Antonio Cristofani, sono prive di qualunque segnalabile agitazione popolare, per le quali Assisi non era solita essere seconda a nessun'altra città umbra.
C'era la fierezza della città, essa sì, a non essere spenta dalla relativa pacificazione di questo periodo: “I cittadini esultavano. L'orgoglio della forza e della potenza del Comune ritornava ad allargare i cuori e le speranze. Vediamo i balestrieri affollare la cima del colle per contendersi nella gara dei buoni colpi la balestra e il targone del Comune; i priori mandare messaggeri a Perugia perché dalle porte della città, sulle quali erano incisi i nomi delle terre soggette, si cancellasse quello di Assisi; i capitani del Perdono affrontare animosamente i Baglioni con le armi in pugno nel tumulto da questi suscitato intorno alla chiesa della Porziuncola” (A. Fortini).
Ecco, dunque, la vicenda di cronaca che ha caratterizzato, a Santa Maria degli Angeli, la giornata del Perdono del 1 agosto 1475. I “capitani del Perdono” sono venuti alle mani e alle armi contro i perugini facendo riemergere un focolaio di ostilità a partire da quello che Pennacchi chiama un “futile motivo” benché il fatto ricopra, da una parte e dall'altra, un buon numero di morti e di feriti.
E proprio ad Antonio Cristofani, autore delle “Storie di Assisi”, opera in sei libri pubblicata nel 1866, lascio volentieri la cronaca di quella giornata, che egli trasse dai resoconti contenuti nei libri seicenteschi di Pellini e di Pietro Angelo di Giovanni. Chiudiamo gli occhi e immaginiamo di leggere la notizia di quei fatti come se, davvero, fossero successi ieri, immaginando che anche su questa cruda vicenda sia poi sceso l'augurio di San Francesco per il Perdono, che dice “Io vi voglio mandare tutti in Paradiso”:
“Solamente l'anno 1475 celebrandosi col concorso d'infiniti popoli la festa del Perdono, intervenne nella villa degli Angioli un caso che per poco fu cagione di gravi turbamenti e di sangue. Avevano le milizie cittadine, solite ordinarsi dai magistrati nostri in quel tempo, sorpreso un ladroncello in sul tagliar che faceva le altrui borse, e trattolo dinnanzi al capitano, che aveva piena balìa di punire qualunque maleficio. Il quale, esaminato il fatto, comandò che il reo fosse incontanente appiccato per un braccio alle forche. Portò colui per qualche spazio pazientemente il martoro: poi vinto dallo spasimo, cominciò a lagnarsi duramente del suo braccio. Questa parola, divenuta già per lungo uso il grido di guerra delle milizie braccesche, gridata ora a sfogo di dolore da quel ribaldo, non appena sonò alle orecchie della confusa e rimescolata moltitudine, fu da più d'uno ripetuta ed accolta come segnale di qualche novità, massime dai Perugini colà accorsi in buon dato. Tra i quali essendo per avventura un figliuolo di Ridolfo Baglioni fratello di Braccio, capitano assai riputato a quei dì, corso al luogo delle forche, disubito mozzò la fune, per la quale era il ladro appiccato. Di che accortesi le milizie assisane, recandosi la costui audacia a manifesto vituperio loro e della giustizia, messo mano alle spade, vennero furiosamente rompendo la calca, a quella volta, bramosi di pigliare il temerario che avea troncato la fune. Ma il Baglioni ritrattosi in questo mezzo, ed accozzati intorno a sé molti Perugini, s'era messo in punto di difendersi. Onde stimolati gli uni e gli altri dall'antica malevolenza, e fatti vie più animosi dalla vista di tanto popolo spettatore di quella gara, levando ciascuno le grida altissime a fine di sollecitare l'aiuto de' suoi, vennero d'un tratto alle mani: e ogni cosa fu piena di scompiglio e di paura, non essendovi alcun Assisano o Perugino, che dato il piglio alle armi non fosse volato al luogo della mischia. Indarno accorsevi il capitano da un lato, e dall'altro Guido e Ridolfo Baglioni per acchetarli: poiché sebbene eglino con pericolo manifesto delle persone loro si cacciassero tra que' forsennati studiandosi coll'autorità e piacevolezza delle parole di partirli, pur non venne loro fatto di rabbonirne gli animi. Durava già da due ore la zuffa, e spesseggiavano da ambo le parti le ferite e le morti: quando i frati minori del convento della Porziuncola messisi tra le coltella e il sangue poterono con la riverenza ed autorità loro ottenere, che si facesse fine al combattimento. Appresso il quale fu per l'intervenzione de' medesimi conchiusa una pace tra gli uomini delle due città: né altro danno porto quel fatto spiacevole dappoi”.

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