DIS..CORSIVO. EZIO MORETTI

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Quando Perugia ricorderà come merita la figura di Ezio Moretti, il notissimo neuropsichiatra, ormai novantenne, scomparso domenica scorsa, in un angolo dei ricordi e delle testimonianze sull’uomo di scienza si dovrà pur parlare del lettore attento della sua esistenza che egli è stato.

Il celebre professore, lo specialista rigoroso e incline a trattare la malattia mentale con una grazia pienamente consapevole del dolore a tutto campo col quale il suo mestiere lo portava a fare i conti, ha maturato, nell'ultimo trentennio della sua lunga vita, una forma, letterariamente degna, di contenuto stupore per il mondo che lo circondava, esprimendo un senso di profondo attaccamento tanto per l'ambiente più prossimo, quello della famiglia e degli amici, quanto per l'universo col quale, prima o poi, sentiva di doversi ricongiungere. Ne sono emersi due tipi di scrittura poetica completamente diversi: uno dal forte sapore memoriale, scandito da versi e strofe metricamente esperti, l'altro identificabile col frammento della scoperta fulminante, ma metricamente anch'esso molto ordinato.
Un universo di scrittura contrassegnato da una raccolta che ha un titolo “in minore”: Poesie e filastrocche, quando “minore” non è, e non sarà in futuri confronti più approfonditi, l'insieme delle ventitré poesie che, in casa Moretti, a quanto è dato sapere, sono state raccolte, alcuni anni fa, come cadeau “stravagante” all'uomo di scienza dalla moglie e dalle due figlie.
Ho avuto la fortuna di avere per le mani una copia di questo volumetto di settanta pagine, dalla copertina marmorizzata e dalle tinte marroni, indice di un gusto semplice e austero, profondamente rispondente all'uomo che vi è dentro, una persona capace di dire l'universo delle contraddizioni umane con tinte delicate, ma insistite, sobrie ma in grado di scoprire gli abissi dell'animo umano, leggere ma scolpite nelle tracce di una storia robusta e fragile nello stesso tempo.
L'uomo raffigurato in quelle poesie è lui, disegnato e analizzato con il distacco dello scienziato e con la prudente vicinanza che stabilisce il poeta, il poeta perugino, ricco di amici e di occasioni di incontro, solo, molto solo, quando le serate finiscono e ci si ritrova a riprendere l'attività di tutti i giorni. L'uomo raffigurato è lui, che rivela tutto l'idillio della famiglia senza rinunciare a mettere in bocca alla moglie e alle figlie le parole che, del tutto cerdibilmente, esse possono avere usato nei suoi confronti, compresi i giudizi e i punti di vista via via, con gli anni, virati su un una franchezza senza veli.
Questo libro è stato una grande scoperta e vorrei che lo diventasse anche per la città di Perugia, così bisognosa di testimonianze, anche sulla vita della sua società, che potrebbero sfuggirle di mano. Con gli anni, le lunghe “filastrocche” di Ezio Moretti sulle convivialità estese di certi ambienti di Perugia sul finire del secolo scorso diventeranno dei piccoli classici, dei quadri memoriali vivi e toccanti quanto più estinti e lontani. E con gli anni, anche l'amorevole figura di “Eziolino” sarà sempre più illuminata da quella luce che egli aveva negli occhi e che era rimasta mistero a lui stesso: “Sospeso tra passato e futuro / tremulo attendo / il fondersi dell'istante / che, nuova creazione, / rigeneri l'universo / e come una cometa / prossima alla estinzione / mi conduca alle soglie della eternità”.

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