DIS…CORSIVO. IL GENIO POLITICO ITALIANO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / C’è la Sicilia di Salvo Montalbano, c’è quella di Rosario Fiorello, c’è quella di Lampedusa, c’è quella della Regione Siciliana, retta a statuto speciale. Retta, si fa per dire perché con tutto quello che sta capitando all’isola bisogna credere in un miracolo se quella terra antichissima e mitica non ha ancora preso il largo devastando il Mediterraneo più di quanto non stia facendo la Grecia con le sue migliaia di isolette.
La Sicilia – cultura, folklore, amministrazione ed economia – in realtà non è retta da nessun potere. Si ha l’impressione che neppure la più esplicita coartazione dell’isola da parte della mafia abbia sufficiente potere regolatore sulla società siciliana. Anche la mafia – a parte il suo normale trend affaristico – sembra subire il contraccolpo del patto stretto in mille maniere con la politica e la finanza siciliane. Visto dall’ottica dei poteri occulti della mafia, lo scenario politico siciliano dovrebbe rappresentare un guazzabuglio tale che nessuna legge recondita della fu “onorata società” riesce più a regolare i meccanismi dell’illecito che lo Stato, in Sicilia, ha spesso protetto e favorito con cinismo indescrivibile.
C’è, così, anche la Sicilia di Rosario Crocetta, quella che disorienta e spiazza qualunque osservatore, che fa rimanere increduli di fronte all’infinita serie di errori e di banalità che è possibile compiere stando al vertice di una giunta così delicata per gli equilibri nazionali come quella della Regione Siciliana. Solamente Ignazio Marino, a Roma, è in grado di contendere a Rosario Crocetta la palma dell’inettitudine e il primato della finta ingenuità.
Incapacità e depistaggio morale sono, in effetti, le doti in base alle quali tanto Marino quanto Crocetta devono essere stati prescelti come personale politico sul quale fare qualche forzato investimento.
L’incapacità a capire di amministrazione è vanto molto diffuso è noto, non solo in Sicilia e nel Lazio, per tornarci ancora su. Gli aspiranti al titolo di sindaco o di presidente per capacità di depistaggio morale, invece, devono superare una selezione più dura e dare prova, questa sì prerogativa non comune, di saper gabbare l’opinione pubblica – quella che ancora va a votare – fingendo sempre di essere vittima lacrimosa e lacrimevole di qualunque turpitudine capiti intorno a loro, con la loro diretta o indiretta responsabilità. Chi sa terminare, ad esempio, in un pianto nevrotico un’intervista altrettanto bene rispetto a quanto ci ha fatto sentire Crocetta l’altro ieri? Chi sa presentarsi sui tanti scenari delittuosi della capitale in maniera altrettanto compunta, afflitta e da parte offesa come sa fare, infischiandosene dei fischi, Marino?
I due soggetti politici, chiunque li abbia scelti e comunque siano risultati dei leader, hanno superato a pieni voti la prova del depistaggio morale, l’hanno fatto in maniera così egregia che, per sostituirli, candidati altrettanto convincenti proprio non si trovano, né a Palermo né a Roma.
Forse, allora, bisognerebbe cambiare prova d’esame, sostituire la dote del depistaggio morale (“io non ne ho colpa”, “io sono con voi”, “io m’indigno”, “vedete: io piango!”) con un’altra, più adeguata materia, sempre da abbinare a quella dell’incapacità amministrativa. Questa, infatti, a ben guardare, in sé non è proprio un difetto: un sindaco, un presidente possono benissimo intendersi poco della macchina amministrativa, ma se hanno le idee chiare (forse solo le idee) riparano ben presto alle loro deficienze e utilizzano le burocrazie degli enti senza farsene schiavi.
Ma il depistaggio morale, l’infingardo, demagogico tratto politico alla Tsipras, con che cosa potrà sostituirlo l’italico genio politico? Con la bischera loquela, con la petulante bonomia, con il lucido cinismo, con l’intellettuale massacro testicolare, con il fervore illuminato? In ogni caso, bisogna fare presto, siamo agli sgoccioli, tanto a Roma quanto Palermo e forse anche in tante altre Regioni italiane.

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