DIS…CORSIVO. IL PARCO DELL’IPPODROMO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / A Cesena, nel Parco urbano dell’Ippodromo, mille fra cantanti e musicisti hanno dato vita a uno spettacolo mai visto, ma oggi conosciutissimo per la sua originalità.

Lo scorso 26 luglio, domenica, 350 chitarristi, 250 cantanti, 250 batteristi, 150 bassisti agli ordini del maestro Marco Sabiu, che dirigeva da una torretta alta venti metri, hanno registrato l'esecuzione del brano cult dei Foo Fighters “Learn to fly” per candidare Cesena a irrinunciabile tappa, finora non prevista, del prossimo tour della band in Italia. E il risultato sembra sia stato raggiunto, perché il leader del gruppo, Dave Grohl, ha subito mandato un video messaggio di ringraziamento e di assenso, pronunciandolo per di più in italiano.
Era stato lui stesso a chiedere: “Saranno i fan a chiamarci a suonare dove vorranno”, ma si può giurare che un ordine tanto popolare, forte e diretto nessuno se lo sarebbe mai aspettato. È contro ogni procedura manageriale, contro ogni regola, contro ogni assuefazione alle leggi del mercato che regolano i festival di mezzo mondo.
Quando mai si vede un'organizzazione muoversi letteralmente sull'onda di un trasporto popolare come è successo nella pacifica Cesena?
Va bene, i partecipanti alla registrazione erano tutti addetti ai lavori, non c'era il popolo che, incapace di fare musica, va ai concerti “solo” per ascoltare e vedere. Va bene, i musicisti hanno fatto da tramite tra il favore popolare di base e l'élite dei fan della band, magari recuperando in un secondo momento, attraverso gli impresari, tutto il seguito della formalizzazione del rapporto con i manager dei Foo Fighters. Va bene, c'è tutta una partita da compiere sul piano del pagamento dell'invito - il gruppo si muove per 70mila dollari –, per cui qualcuno avrà fatto certamente due conti sulla fattibilità dell'obiettivo del finanziamento collettivo dell'impresa.
Va bene tutto e il contrario di tutto, obiezioni comprese a queste mie considerazioni. Ma siamo sicuri che l'evento di Cesena, da solo, non ha niente da imparare, anche a Perugia?
A mio avviso, sono molti gli insegnamenti che se ne possono trarre. Per comodità, li ho sintetizzati nei seguenti cinque punti.
Primo: la richiesta popolare non ha bisogno di grandi sovrastrutture organizzative per essere indirizzata verso un determinato spettacolo. Detto al contrario, finché esistono grandi compagini organizzative, la libera espressione del gusto popolare non riesce ad esprimersi. Essa, invece, è perfettamente in grado di organizzarsi da sola, anche se con le necessarie mediazioni, raggiungendo numeri e potenzialità inimmaginabili. Le sovrastrutture manageriali, comunque mascherate con toni emotivi e toccando le corde dei sentimenti, servono unicamente per dare protagonismo a classi intere di addetti ai lavori e, in genere, a vecchi arnesi in ritirata politica e culturale, protetti dal sistema pubblico delle agevolazioni.
Secondo: la richiesta popolare deve essere anche competente. Se anche il pubblico finale del concerto dei Foo Fighters a Cesena corrispondesse a quello dei cantanti e dei musicisti che hanno lavorato insieme lo scorso 26 luglio, se anche esso non si fosse incrementato di un'unità, per così dire, non professionale, l'evento in sé andrebbe segnalato come innovativo e da ripetere.
Terzo: la richiesta popolare scuote l'immobilismo creativo e il vuoto ideativo che connota le formule di tutti i festival, anche di quelli che vanno per la maggiore in Italia.
Quarto: la richiesta popolare orienta le scelte, che spesso sembrano tanto stupidamente e inutilmente tormentate, dei luoghi dove riunirsi per avere spettacoli dal vivo di simile ampiezza a quella che il video di Cesena ci mostra. Siamo ormai abituati, senza più nemmeno rendercene conto, a desiderare che eventi dai grandi numeri si organizzino nei centri storici, nel cuore dei monumenti, all'aperto o in grossi scatoloni al chiuso, opportunamente ristrutturati. Siamo convinti, così, di fare il bene dei centri storici. Cesena, invece, ci indica una strada alternativa, che magari sarà scomoda per la promozione dei centri storici, ma potrebbe essere provvidenziale per dare impulso a beni naturalistici, di valenza e di estensione regionale, fortemente decentrati dai capoluoghi e dai centri maggiori di un determinato territorio.
Quinto: la richiesta popolare dimostra che non ci può essere più spazio per la pigrizia e per il molle intellettualismo dei senatori locali dello spettacolo, che adesso tengono in pugno e quasi ricattano, col potere delle manifestazioni standardizzate che hanno in pugno, le politiche pubbliche per lo spettacolo dal vivo. Questo ricatto, però, perdurerà fin tanto che la richiesta popolare non riuscirà a organizzarsi in autonomia, anche se relativa, e a produrre eventi di autentica partecipazione, dimostrando, come dice “Learn to fly”, di avere finalmente imparato a volare.

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