DIS…CORSIVO. QUANDO L’EUROPA ERA UN GIOCO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / All’inizio, il 26 maggio di cinquant’anni fa, era poco più che un quadrangolare fra Belgio, Francia, Germania e Italia. Poco ci mancò che fosse, a vincere, una città italiana, umbra, come Orvieto, che arrivò addirittura in semifinale. Il quadrangolare europeo era “Giochi senza frontiere”, il format televisivo della nascente Eurovisione che ha accompagnato tante delle più calde serate estive degli anni Sessanta e Settanta.

L'Europa non era, come oggi, in gioco. Era, semplicemente e ingenuamente, un gioco, che molto doveva all’Italia perché la formula della sfida fra città di quattro nazioni diverse doveva molto, se non tutto, a quella pionieristica incursione televisiva nei borghi d‘Italia che, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, era stata "Campanile sera".

Nessuno potrà mai dire quale minima percentuale di unificazione europea si debba ascrivere ai "Giochi senza frontiere". Certo è che, però, l'idea di un'Europa che prova a crescere senza i musi lunghi dei burocrati e le pellacce ideologiche di tanta demagogia politica si è coltivata nel gusto di quelle squadre di giovani di paese che si sfidavano tirando le funi o cadendo nell'acqua in mezzo a mille varianti delle loro esibizioni, alle quali erano costretti dall'ideatività di alcuni intelligenti programmisti.

Dov'è finita quell'Europa, perché non ha avuto nessun futuro? L'investimento nel gioco popolare e stato sbagliato? E allora, se così fosse, quale altra anima avrebbe mai potuto avere l'Europa della finanza e delle sopraffazioni di sempre? Quella, appunto, che non ha, che ha dimostrato e dimostra di non avere, che forse ci tiene a non avere.

L'opposto dei "Giochi senza frontiere" avrebbe dovuto essere l'unità delle radici spirituali del vecchio continente, ma anche qui i Paesi europei non hanno saputo fare altro che dividersi. E non era più, ormai, un gioco fra la "migliore gioventù" di "Giochi senza frontiere", ma la bolsa contrapposizione fra vecchi cattedratici sulle origini laiche o cattoliche dell'Europa.

Così, tanto vale tornare a provare un po‘ di nostalgia per lo storico conduttore per l’Italia che è stato Ettore Andenna o per l‘altrettanto noto arbitro che è stato Guido Pancaldi.

La trasmissione è andata avanti dal 1966 al 1982, poi, dopo qualche anno di interruzione, dal 1988 al 1999 e guardando le cartine geografiche dei Paesi che vi hanno partecipato, si nota il protagonismo della Germania divisa nel primo periodo e la totale assenza del colosso teutonico negli anni cruciali della fine del comunismo e in quelli della riunificazione. Sulla scacchiera di "Giochi senza frontiere" passano, invece, le diverse proiezioni dell'Europa che provava a maturare, via via compaiono la Spagna e il Portogallo, la Grecia e l'Ungheria, la Slovenia e l’Olanda. "Giochi" finiti, "frontiere" rimaste e tornate più spinose di prima dell'illusione pagana del divertimento radicato nei piccoli e grandi borghi che vi hanno preso parte!

Le città umbre che ci hanno creduto? Orvieto nel 1965, nel 1967 e nel 1980, Todi nel 1966, Acquasparta nel 1970, Città di Castello nel 1972, Foligno nel 1973, Perugia nel 1976, Gubbio nel 1977, Norcia nel 1997, che per un pelo non andò in finale, e Valtopina nel 1998.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.