DIS…CORSIVO. RICORDO DI MONS. MARIO SENSI

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Don Mario Sensi, sacerdote di grandi studi e infaticabile ricercatore, è morto lunedì a Foligno all’età di settantacinque anni. Intorno alla sua figura, col tempo, si era venuta creando, nella sua casa spellana di Via dell’Arco di Augusto, una notevole cerchia di studiosi e ricercatori locali, che egli aveva contribuito notevolmente a far crescere.

Anche lontano dalla sua Spello – incaricato a Roma della docenza di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense, poi divenuto professore stabile sulla cattedra di Storia della Chiesa antica, quindi consacrato professore emerito – aveva continuato a nutrire un interesse sconfinato sia per le storie minute sia per i fatti più importanti della storia umbra a cavallo tra religione, spiritualità e valori civili. Il parroco di Colfiorito che era stato in giovinezza rimaneva, in lui, come un dovere di accoglienza e di servitù anche quando, insignito di specchiate onorificenze e del titolo prestigioso di monsignore, ti riceveva con lo sguardo bonario del parroco e con il temperamento accigliato del ricercatore che esige precisione e riscontro documentale prima di ogni altra lettura della storia.

Vicino alle istituzioni di Spello e di Foligno, nel 1998 ha curato, per la Provincia di Perugia, il volume “Itinerari del sacro”, un grande repertorio religioso e profano di itinerari riservato agli ormai prossimi pellegrini del Grande Giubileo del Duemila.

Per ricordarlo come persona che, in quegli anni, ha lavorato con Don Mario a quel volume, ripropongo alcune pagine di uno dei testi che egli si era riservato per l’occasione nel libro, un grande affresco laico e religioso della sua Foligno, attuale come non mai.

«Per tutto il Medioevo importante nodo del pellegrinaggio verso i grandi santuari della cristianità – Terrasanta e Roma, Montesantangelo e Compostella –, Foligno al moderno pellegrino che la sceglie come tappa nel suo andare a Roma, o nel suo dirigersi verso i santuari umbro-marchigiani, offre numerosi spunti per una riflessione sul sacro. Innanzitutto la città è un raro esempio di centro demico nato attorno alla tomba di un martire dell’èra delle persecuzioni: san Feliciano, primo vescovo di Foroflaminio, oggi San Giovanni Profiamma, poco più che un borgo quasi a ridosso della città. Quale ulteriore peculiarità Foligno, che in età medievale vantava, all’interno della cerchia urbica, una consistente presenza di corpi santi e di reliquie, offre al moderno pellegrino la possibilità di sostare dinanzi alle urne di santi che ebbero un importante ruolo nella storia del francescanesimo: dalla beata Angela alla beata Angelina; dal beato Paoluccio Trinci al beato Tomasuccio; dal beato Pietro Crisci, un penitente della città, al beato Antonio Ungaro, un pellegrino fermatosi a Foligno verso la fine del secolo XIV, il quale dedicò il resto della sua vita al servizio dei pellegrini di passaggio per la città. A coloro che, attenti al tessuto del sacro, amano scoprire i luoghi del piccolo pellegrinaggio, una pratica penitenziale familiare all’uomo del Medioevo, Foligno permette infine di visitare una serie di spazi sacri meta di pellegrinaggi periodici, edifici religiosi – alcuni di notevole interesse artistico – costruiti per la sacralizzazione del pomerio e del territorio comunale, dove ragguardevole è il numero dei santuari di frontiera, una peculiarità che ha colpito l’attenzione di specialisti del settore.

La città di san Feliciano

La Passione di san Feliciano vescovo e martire, cioè gli atti delle sue ultime vicende terrene – un testo redatto tra la metà del sec. VI e gli inizi del successivo – attesta che Feliciano, dopo essere stato perseguitato a motivo della fede cristiana, “sotto Decio” (249-251), fu martirizzato “presso Monte rotondo” a tre miglia dalla sede episcopale. Il suo corpo fu poi sepolto in località Agello, un campicello di proprietà dello stesso vescovo, nei pressi di Foligno e a ridosso del Ponte di Cesare. Qui i fedeli cominciarono a confluire per commemorare l’anniversario della morte del martire Feliciano. E, come altrove, anche a Foligno ben presto il culto verso san Feliciano diede luogo alla monumentalizzazione sia del luogo dove fu deposto il suo corpo santo, con la costruzione di una basilica ad corpus, l’attuale cattedrale, sia del luogo dove era stato martirizzato – Monterotondo, oggi San Feliciano di Mormonzone – con la costruzione di un martyrium.

In età feudale, attorno alla tomba di questo martire sorse un fortilizio, il castrum Sancti Feliciani, costruito per custodire il corpo di san Feliciano che, all’epoca, era venerato “da gran concorso di popolo che vi affluiva da tutte le parti”. Ma il 4 ottobre 969 Benedetto, vescovo di Foligno, seppure “con grande pianto”, dovette cedere alle pressioni di Bertrando diacono e di Erivaldo presbitero – scesi in Italia al seguito dell’Imperatore Ottone I – i quali reclamavano il corpo di san Feliciano e la relativa passione. Il corpo del martire, esumato, fu trasferito nella città di Metz.

La felice posizione geografica di Foligno – un crocevia lungo la valle Spoletana, quasi a metà strada fra i due mari – fece poi sì che, di lì a qualche anno, attorno al castrum – divenuto civitas, cioè sede vescovile – sorgesse la Fulginea di impianto tutto medievale. Simbolo di questa nuova comunità fu la cattedrale, un’unica grande catechesi in pietra, iniziata nel sec. XII e costruita in più tempi. Un magnifico titolo epigrafico, posto lungo la facciata principale del duomo attesta che nel 1133 “questa nobile dimora del Padre e di Colui che è stato generato per opera dello Spirito Santo, si cominciò a rinnovare da Marco, creato vescovo da papa Callisto, mentre imperversava una grande carestia. Era magnate (capo dei signori scesi in città) Lotomo, mentre Atto era comarco (capo dei conti). Che Dio li protegga, li benedica e li aiuti, amen”.

Con la professione di fede nella Trinità, fatta in apertura, si rigettano le posizioni antitrinitarie, che allora serpeggiavano nella Chiesa; con la dichiarazione che Marco era stato creato da papa Callisto II (1119-24) si prendono le distanze dagli scismatici, dichiarando, insieme alla legittimità dell’elezione di Marco, la fedeltà di Foligno alla Chiesa di Roma. La precisazione, infine, che si cominciò a costruire la chiesa nel 1133, in tempo di carestia, non è un semplice riferimento temporale, ma sta ad indicare il ruolo votivo dell’edificio costruito per ottenere la cessazione del flagello.

La cattedrale di San Feliciano è dunque una chiesa votiva, espressione della nuova identità e frutto della comune volontà dei due poteri, quello religioso e quello civile: una profonda interrelazione tra la fede della comunità di Foligno e i simboli da lei scelti per concretizzarla. A sua volta, il santo, sulla cui tomba è costruita la cattedrale, è l’intermediario, il portavoce presso Dio: è colui che, per la sua virtù e per la santità, può intercedere e ottenere la grazia richiesta. Per questo dai folignati la basilica ad corpus – appunto la cattedrale – è considerata come un pegno di benedizione, come difesa dagli innumerevoli pericoli che insidiano la salute e la vita, favorendo la salvezza sia della collettività, come del singolo».

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