DIS…CORSIVO. TRENTA CENTESIMI DI GLORIA

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Nel clima della Prima guerra mondiale appena iniziata, hanno avuto grande rilievo le circolari con cui si regolavano i contatti epistolari tra i soldati al fronte e le loro famiglie.

Per guanto possibile, lo Stato cercava di facilitare tali scambi nell'interesse della diffusione di un messaggio di solidarieta fra classi sociali impegnate al fronte in un comune sforzo bellico, ma distantissime fra di loro quanto a mentalità, costumi e modi di vita.
La burocrazia del Regno, tuttavia, era rigida e inflessibile. Lo dimostra una lettera inviata all‘ "Unione Liberale" da parte di una persona impegnata, a Perugia, nell'opera di assistenza alle famiglie dei richiamati socialmente svantaggiati.
Carlo Rosati, che lavora nel Comitato dell'organizzazione civile, il 7 giugno 1915 segnala un fatto davvero paradossale, che il giornale riporta sotto un titolo ammonitore, ma non sdegnato: "Pensiamo sempre a facilitare la corrispondenza coi nostri Soldati combattenti".
Il caso segnalato da Rosati riguarda "un povero contadino, che è pero già stato valoroso soldato in Libia, ove si è guadagnata combattendo la medaglia al valore, il quale scrive ad una sua cugina (domestica in casa nostra) forse della famiglia unica letterata come lui, una lettera semplice ed affettuosa, libera di forme come di grammatica, per dirle: ‘che noi siamo accampati sulla nuova terra italiana... che il giorno 25 avemo avanzato circa 25 km dalla frontiera, senza avere nessuna perdita, sun certe montagne... che qui piove quasi tutti i giorni... ma facciamoci di coraggio che speriamo Dio ci darà salute, come a noi sempre coraggio! Saluti a te, al babbo, al fratello ed ai tuoi padroni'. Ma a queste notizie, che rivelano l'anima semplice e forte del bravo soldato italiano” - prosegue Rosati - “si aggiunge però, in poche righe successive, una nota mesta, l'espressione di una pena intima, di una preoccupazione pungente... 'Io mi trovo però un po' avvilito perché non ho avuto ancora le notizie di Casa' ”.
E qui entra in gioco la burocrazia. Carlo Rosati se ne intende e riprende la nota di rammarico del soldato spiegando ai lettori dell‘ "Unione Liberale" i motivi per i quali al fronte non arrivano notizie da casa e censurando la cosa come inglorioso comportamento delle istituzioni dello Stato verso chi un po' di gloria – e tantissimo rischio personale - se li sta guadgnando sui campi di battaglia.
I corpi dello Stato — avverte Rosati — devono coordinarsi fra di loro come ancora non stanno facendo, tanto localmente quanto a livello ministeriale: "Ed è principalmente di questo lamento dei nostri valorosi fratelli, che combattonno per la Patria nostra, che la Sotto-commissione speciale del Comitato d'organizzazione civile deve vivamente preoccuparsi, ponendosi di accordo con le Autorita Militari e col Ministero delle Poste e Telegrafi per facilitare in tutti i modi possibili il servizio postale ed affinché ad essi soldati non manchi questo ‘pane dell'anima', questo conforto del loro spirito, che è la corrispondenza regolare e continua coi loro cari!"
Un secolo dopo, saremmo eccessivi censori se, riprendendo le osservazioni di Rosati, anche noi ce la prendessimo con un Stato che lentamente sta cercando di organizzarsi. Conosciamo, in tempo di pace, cosi tante lentezze e cosi innumerevoli disguidi della burocrazia di oggi da non poterci permettere di gettare la croce su quella, di guerra, di cento anni fa.
Il fatto è, pero, che Rosati conclude la sua lettera al giornale con la segnalazione di una “perla" cosi subdola, infelice e cocciuta che lascia senza fiato noi oggi come lasciava lui "senza commenti" allora: "Ma in questa lettera che riferisco vi è un'altra cosa da rilevare e da deplorare sinceramente, consolandoci però che più facile e pronto ne sarà il rimedio, dipendendo esclusivamente da un miglior senso di opportunità e di patriottismo che l‘egregio Direttore Provinciale delle Poste di Perugia vorrà inculcare certamente ai suoi dipendenti. Il fatto è questo: la suddetta lettera, spedita non francata dal soldato — in franchigia di guerra - com'eravi scritto sopra, è stata multata di 30 centesimi, che la destinataria ha dovuto pagare, se ha voluto leggere le attese e desiderate notizie del suo caro. E, colmo d'ironia, di fronte al segnatasse di cent. 30, è stato apposto dall'ufficio postale il timbro "Verificato per censo"! Ciò vuol dire che lo zelante impiegato postale per assicurare allo Stato 30 centesimi di provento, si è ben presa cura prima di far recapitare la lettera, di verificare all'ufficio del Catasto il 'ricco censo' che doveva possedere quel povero contadino, che sta combattendo e fors'anche morendo per la sua Patria!"
Nessuno sconto per la gloria, nessuna eccezione per il sacrificio della vita, nessun rispetto per la dignità di classi sociali povere, per due cugini che nella vita fanno la cameriera e il contadino. Solo intromissione nella vita quotidiana e nei modesti averi di due onesti lavoratori. Solo testarda applicazione impiegatizia di alcuni regolamenti condivisi fra tutti gli organi dello Stato. Solo una gragnuola di colpi di commi che fanno più male, per assurdo, delle cannonate che spazzano le trincee.
Forse, quel contadino si è salvato dalla guerra, è tornato, in qualche stato fortemente provato, dagli assalti all'arma bianca. In casa, tornando fra gli affetti familiari e fra i dolori della disoccupazione, avrà trovato la solita burocrazia persecutoria e disonesta che lo aveva raggiunto anche sui campi di battaglia, fuoco amico dal quale nessuna difesa era a proteggerlo.
Dal che si conclude che la burocrazia l‘abbiamo sempre alle spalle, che è suo costume connaturato non guardarci mai in faccia. Essa non ci sta alle spalle, però, per proteggerci le terga, per esserci di protezione. Dobbiamo imparare — e la lezione non basta mai - a essere diffidenti nei suoi confronti come lo saremmo sentendo l'arrivo di un lupo famelico. E, soprattutto, non dobbiamo avere né compassione né fiducia nei burocrati, negli attori di quei regolamenti, in chi interpeta una parte rimandando sempre ad altri la responsabilité ultima di qualche provvedimentc stupido e vessatorio. Ognuno di loro è regista del suo orticello burocratico, lo è il funzionarb, lo è il dirigente e non manca di dare il suo apporto anche il politico.
Meglio, nei confronti dei burocrati, sentirsi ed essere delle semplici comparse, delle vittime sacrificali e passare oltre la burocrazia il prima possibile, con i minori danni nella propria persona e nei propri averi. Ci sarà sempre una burocrazia pronta a perseguitarci su altre parti del corpo e su altri spiccioli del nostro patrimonio. Ma la sua fine sarà quando non potrà più toglierci nulla e si attaccherà a 30 centesimi di gloria contadina per pagare il funerale del proprio obbrobrio mentale.

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