DIS…CORSIVO. UNA CERTA IDEA DI PRESIDENTE

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / L’Italia non è una repubblica presidenziale, ma sempre più, nella sua storia recente, il Capo dello Stato ha lasciato fortissime impronte del suo passaggio settennale.

Senza tornare al rapporto che ha unito, all'inizio della Repubblica, la statura di De Gasperi, capo del governo, e il rigore di Luigi Einaudi, secondo presidente, ogni inquilino del Quirinale, eletto con funzione di garante supremo della Costituzione, ha finito per svolgere il mandato nella più completa affermazione della propria personalità politica e culturale. Dopo le grandi aperture di Sandro Perrtini, in particolare, gli italiani sono stati molto colpiti dal caso della personalità di Francesco Cossiga che, encomiabile taciturno all'inizio, si è trasformato nell esplosivo picconatore e nel loquace fustigatore della parte centrale e finale del suo settennato.

Da allora in poi, complice anche la fine della prima repubblica, una certa idea di presidenzialismo un po' tutti ce la siamo fatta, chi attendendola, chi temendola, chi, fra i leader, sentendosi già promosso all'alta carica, chi finendo preso nel tiro incrociato delle Camere riunite.

Oggi siamo in attesa di un nuovo Presidente e nessuno si azzarda più a fare pronostici sul tasso di presidenzialismo che connoterà la figura della prossima carica quirinalizia. Si possono solo mettere sulla scacchiera le pedine note per poter prefigurare l'orizzonte di attesa. E per pedine, infine, non bisognerà intendere solo candidati in carne ed ossa, ma situazioni, congiunture, pericoli, delusioni derivanti dai lunghissimi anni di crisi finanziaria ed economica che ci lasciamo alle spalle senza averli risolti.

Il punto d'intersezione di tutte le pulsioni che porteranno alla votazione decisiva è, per comune ammissione, il Presidente del Consiglio. Renzi, nel rapporto col Capo dello Stato, mi ha lasciato nella più complessa delle incertezze, perché dall'uomo che ha sbaragliato truppe molto organizzate di sessantenni non mi sarei aspettato un senso di autentica devozione filiale come quella che ha manifestato per Napolitano, venendone ampiamente ricambiato.

Questa disposizione delle pedine sulla scacchiera conterà moltissimo nella prefigurazione, da parte del premier, del candidato per lui perfetto alla successione di Napolitano. Il dialogo e l'intesa che si sono attuati fra un giovanissimo leader di formazione cattolica e un Capo dello Stato dal comprovato curriculum, seppure moderato e riformista, di marca Pci è sicuramente un dato irripetibile, un qualcosa di fortemente significativo, che però è destinato a non ripetersi. Renzi non è più, ormai, il giovane arrembante che faceva tenerezza a mezza Italia per come si poneva di fronte allo spauracchio dell'ala comunista del Pd. Egli, adesso, è un politico maturato in fretta, forse in troppa fretta e, come tale, non sappiamo quanto ancora senta il bisogno di una figura saggia, assennata e protettiva com'era Napolitano. Eppure, qualunque stia per essere il candidato vero alla Presidenza della Repubblica, il problema generazionale, l'unico, dominante, problema renziano, si ripresenterà al premier e non è assolutamente detto che, oggi, 15 gennaio, egli abbia già fatto i suoi conti, operato le sue scelte e risolto il problema. Il confronto con un figura femminile è, sulla scacchiera, per ora in una posizione abbastanza marginale per tenerlo in forte considerazione: i maligni hanno sempre ironizzato sul fatto che Renzi ama circondarsi di collaboratrici quanto e più di lui giovani e che per lui, in politica, il matriarcato conta davvero poco.

Patriarchi, intorno, non ce ne sono, a meno che Renzi non veda come tale Romano Prodi, ma, anche in questo caso, dopo la grande, stupefacente intesa che ha avuto con Napolitano, ci dovremmo preparare ad anni un po' conflittuali tra un premier che potrebbe sempre ritirare fuori l'atteggiamento rottamatore e un pacato europeista come il fondatore dell'Ulivo.

Restano i tecnici, escludendo le figure di medio profilo che non farebbero il gioco di Renzi perché lo farebbero scendere, inevitabilmente, dall'alto podio sul quale ormai siede. Ma, per i tecnici, c'è bisogno di confronti ulteriori con Bruxelles, favoriti, magari, da allargamenti delle consultazioni a Draghi e, perché no?, allo stesso Monti.

Tutto potrà accadere, ma chi vorrà instaurare un dialogo con Renzi per il candidato giusto alla Presidenza della Repubblica dopo Napolitano dovrà, secondo me, ragionare proprio in questi termini. Il resto è, davvero, imprevedibile, a meno di non saperlo leggere, dopo Cossiga, nelle pulsioni nascoste che ogni nuovo Presidente si porta con sé dopo anni di più o meno lunga carriera politica.

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