DISCORSIVO: 100 ANNI DI RICONOSCENZA

Maurizio Terzetti / Non c’è in Umbria, non c’è in Italia, un luogo più dimenticato e, per tanti anni completamento rimosso, dei monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Costruiti, in vari anni, dentro eleganti giardinetti, non hanno conosciuto particolari momenti di infatuazione da parte della gente. Sembrerebbe, oggi, che con il fervore rievocativo per il centenario della Grande Guerra, qualcosa possa cambiare. Venerdì sera, ad Assisi, per esempio, la veglia di preghiera promossa dalle Famiglie francescane, dalla Diocesi di Assisi e dal Comune di Assisi in occasione della visita di Papa Francesco a Redipuglia si è ricordata del monumento di città, ospitato in quello che per decenni è stato il Parco Regina Margherita, un po’ enfaticamente il “Pincio”, di Assisi.

Purtroppo, però, i poderosi marmi con Vittoria Alata e iscrizioni aggiornate anche a ricordo dei caduti nella Seconda Guerra Mondiale continuano a tacere. E taceranno finché la memoria civile, nella sua autonomia che non prende le distanze dalle componenti religiose e da quelle militari, non riuscirà a fermarsi presso quelle pietre con l'unico scopo di riservare, semplicemente, una riconoscenza lunga cento anni ai soldati che lì, in quei monumenti, sono ricordati. Questo serve, perché a quei caduti un ricordo autentico, nei decenni, è stato riservato sempre con qualche difficoltà. Senza parlare della retorica fascista, nel secondo dopoguerra è prevalsa una presa di distanza dal conflitto del '15-'18 in ragione del nazionalismo e della confusione con il Risorgimento di cui la Grande Guerra è stata incolpata da molta, tanta cultura di sinistra. Questo atteggiamento ha lasciato volentieri la conservazione della memoria del primo conflitto mondiale e dei suoi caduti a ogni posizione avvicinabile al centro e, di fatto, alla destra dello schieramento politico nazionale. Negli anni Sessanta, quando cadeva il cinquantesimo dell'inizio e della fine del conflitto, a quel Monumento si recavano soltanto, in occasione del Quattro Novembre, cortei organizzati dalla “Combattenti e reduci” e, negli altri momenti dell'anno, coppie di innamorati molto lontani col pensiero dalla Grande Guerra.
Con un salto lungo altri cinquant'anni, siamo fra di noi. I reduci sono tutti inevitabilmente morti, gli innamorati di allora hanno i nipoti, quelli di oggi hanno altri luoghi e altri modi per conoscersi. La cultura di sinistra ha provato, con grande opportunismo, ad avvicinarsi al “turibolo” della Prima Guerra Mondiale, la Marcia della Pace, per raggiungere la Rocca di Assisi, non mi pare che passi programmaticamente davanti al Monumento del “Pincio”. Forse la prossima, chissà!
Così ci avviciniamo a un centenario che declina il numero cento, come abbiamo visto nel programma sviluppato a margine della Veglia del 12 settembre ad Assisi, nelle tante maniere indispensabili a una cultura progressista: le cento guerre di oggi, i cento giovani, i credenti e i cristiani perseguitati ai giorni nostri, rituali nei quali motivi di autentica tragedia convivono con lembi di fatua intellettualità laica.
Con altri programmi l'Umbria si sta preparando a ricordare il centenario, da qui al 2018. Un lavoro di coordinamento, avviato presso le due Prefetture umbre, attende solo di essere ripreso: vi dovrebbero confluire ricerca storica, commemorazione, programmi ufficiali e “vissuto” cittadino, frequentazione dei monumenti. Forse è proprio lì che si può svolgere, finalmente, il film dei “cento anni di riconoscenza”.

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