REGIONALI, IL VALORE AGGIUNTO

REGIONALI. IL VALORE AGGIUNTO

NOSTRADAMUS di Maurizio/ Non si tratta di prenderla come un’operazione di marketing né di tornare ai criteri artigianali di valutazione attraverso i canali dei partiti, ma la misurazione dell’indice di popolarità di un candidato e, soprattutto, la stima della sua influenza sull’elettorato può contribuire a orientare la scelta verso la sua persona nel momento di decidere per i leader da far scendere in campo per le prossime regionali. Attrezzarsi per un percorso del genere presuppone che si relativizzi quella pratica della “pesatura” in uso tra le forze politiche che si basa sul conteggio di massima dei voti acquisiti rispetto alle aree di provenienza. Il termine “pesatura” è abbastanza osceno e offensivo, ma il suo uso in privato rimanda oggettivamente all’unico mezzo sicuro per definire il gradimento di un candidato e di un leader su scala locale. L’assemblaggio di tutti i valori del gradimento locale fa calcolare il dato territoriale: da qui prendono il via i patteggiamenti e il rispetto degli equilibri parentali che si confanno al clan e la sofferta decisione di sistemare le pedine sulla scacchiera elettorale. Lungo questo percorso è difficile trovare il valore aggiunto del singolo aspirante alla lista perché le regole del clan sono, com’è naturale, rigidissime e non consentono deroghe se non dietro estenuanti patteggiamenti. L’Umbria, che proviene da un retaggio di costumi politici di tale “pesatura”, ha dimostrato fino all’altro ieri (cioè fino alle elezioni amministrative di maggio-giugno) di muoversi lungo quel percorso. Così, però, abbiamo capito che il metodo della scelta del leader basata sullo zoccolo duro delle “pesature” comincia a non garantire più le forze politiche che costituiscono il centrosinistra e a lasciare ampi margini di recupero alle opposizioni di centrodestra. All’interno del PD, a dire la verità, la “pesatura” si è andata a nascondere dietro la foglia di fico delle primarie, che non hanno dissimulano mai del tutto le pudende, specie quelle di genere. Intanto, a qualche mese dalle elezioni, altri percorsi sembrano aprirsi con l’intenzione di garantire, teoricamente, una meno condizionata valutazione della popolarità e dell’influenza del leader di partito. Sono movimenti che si registrano a destra, che serpeggiano a sinistra, dei quali non si sente parlare fra i partiti che hanno di mira l’unico, vero obiettivo: il superamento dell’asticella, che pare sarà fissata al 3 per cento. Sono movimenti che, più che altro, intendono aggirare l’ostacolo della cattiva coscienza dei partiti di vivere arroccati dentro le loro segreterie. Prima di ripiombare nell’amletismo che ha portato alla riconferma di Boccali a candidato a sindaco di Perugia – ci si deve essere detti – occorre provare a far vedere alla gente, forse anche a farle credere, che i monoliti della politica sono capaci di mostrare i leader che già ci sono come figure dinamiche, in grado di dialogare direttamente, autonomamente, con la società civile e di costruire delle loro alleanze attraendo a sé le energie pulite della cultura e dell’imprenditoria. E sia. La strada per il valore aggiunto comincia da qui. Ma le condizioni devono essere due: partire da un grado di autorevolezza del leader indiscusso, esteso e fresco di giornata, non scongelato per l’occasione; avere la ferma determinazione di relativizzare l’inevitabile “pesatura” che in ogni caso tornerà a confluire sul leader durante la marcia di avvicinamento alla designazione, al riconoscimento del carisma da gettare nella campagna elettorale.
A chi, invece, non è entrato in questa logica, cosa dire? Specie ai partiti che rischiano seriamente di non entrare a Palazzo Cesaroni nonostante le porte stiano per essere rese più praticabili c’è da rivolgere l’invito a considerare la condizione fortunata in cui li pone il loro minimalismo. È vero, più sono piccoli, questi partiti, più sono massimalisti e il minimalismo non riescono proprio a inquadrarlo, presi dal furore ideologico che sbatte al vento come una finestra non chiusa bene. Qualche finestra va chiusa proprio per non vedersi sbattere un portone in faccia. Eterna questione.
Rispetto, infine, a queste vie principali, ci sono una serie di scorciatoie, che appaiono già molto affollate e che promettono di intasarsi, come sempre accade, quando non si ha il coraggio di proseguire lungo la strada che si è deciso di intraprendere. Molti, allora, si perderanno nei boschi, i portatori del valore aggiunto si smarriranno anch’essi per cercare di rintracciarli, una nuova palude si potrà riprendere lo spazio vallivo di questa bellissima regione. Tutti lavori pubblici per i nuovi inquilini di Palazzo Cesaroni.

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