Gubbio, l’Aratorio apre le porte ai profughi

GUBBIO – Vengono dal Gambia, dalla Nigeria e dal Burkina Faso. Scappano dalla guerra e dalla fame e in Europa cercano la salvezza. A Gubbio alcuni di loro hanno trovato accoglienza presso l’Aratorio familiare, una struttura particolarissima, attiva sul territorio da un anno e mezzo e che, coniugando la solidarietà con lo spirito di condivisione dato dal lavoro della terra, sta diventando un punto di riferimento nel territorio. Insieme ai profughi anche tanti italiani che in questa crisi sono rimasti ai margini della società e che non aspettavano altro che rimettersi in gioco, ritrovando una ragione di vita.

L’Aratorio familiare” è una creatura di Luca Tittarelli che ormai vi si dedica anima e corpo. La struttura è a poca distanza dal centro di Gubbio, in località Coppiolo. Qui il Comune ha concesso in comodato d’uso gratuito alla Caritas un edificio di ampie dimensioni. La diocesi ha messo a disposizione il terreno da coltivare. Il resto lo stanno facendo i volontari che, con passione e dedizione, coordinano quotidianamente il progetto. In totale, a disposizione dell’Aratorio ci sarebbero 20 ettari. Al momento però ne vengono coltivati circa due e mezzo, con la speranza di crescere sempre di più. Si punta anche alla creazione di una vera e propria “fattoria didattica”, per offrire ai bambini la possibilità di lavorare a contatto con la terra, puntando alla conoscenza del lavoro agricolo e quindi alla valorizzazione dei mestieri tradizionali attraverso l’esperienza diretta.

Il consigliere regionale Andrea Smacchi ha visitato la struttura e ha anche parlato con gli ospiti. “In realtà come quella dell’Aratorio – dice Smacchi – viene restituita la dignità a persone che, per vari motivi, l’avevano persa. Nella struttura parole come accoglienza e integrazione diventano realtà. Viene offerta ai profughi la possibilità di svolgere attività di volontariato sociale per la comunità che li ospita e con il lavoro si riacquista la dignità”. Qui le persone ritrovano un equilibrio e una serenità che vorrebbero trasmettere anche ai loro familiari. E’ il caso del ragazzo del Burkina Faso, di professione sarto. Ha scelto di abbandonare il proprio poverissimo paese, lasciando i suoi due figli e sua moglie ma sta cercando di ricostruire il proprio progetto di vita in realtà come queste, dove solidarietà e accoglienza sono dei valori concreti.

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