IL CAMPO E’ ANCORA LARGO?

di Pierluigi Castellani

Il confronto all’interno dei partiti, che si oppongono al governo Meloni, è stato monopolizzato dal cosiddetto campo largo come area di incontro delle forze di opposizione, che intendono preparare una alternativa al destra-centro che governa l’Italia. Ma come era prevedibile questa ipotesi si è al momento arenata; incombe la corsa alle europee dove una legge elettorale proporzionale spinge i partiti ad una forte concorrenzialità per cercare di avere il massimo dei consensi possibile. Così non dovrebbe essere per il rinnovo delle amministrazioni comunali e regionali previste per la prossima primavera, ove si vota con sistema maggioritario, ma non sembra che tutto sia andato liscio come accaduto in Sardegna mentre rimane l’incognita per la regione Piemonte e per il comune di Firenze. E nella nostra regione? Anche in Umbria difficoltà si stanno registrando. E’ ancora da trovare una soluzione condivisa per il comune di Foligno e non è proprio tranquilla anche la soluzione che si sta approntando per Perugia. Le dimissioni del segretario comunale del PD Sauro Cristofani ne sono la spia conclamata ed è semplicistica la spiegazione che se ne dà su qualche giornale, che  tutto sarebbe frutto di una forte contrapposizione tra correnti del PD perugino. Non credo che sia proprio così. E’ sul concetto di come si vuole in concreto declinare il campo largo, cioè se è proprio “largo”, o si pensa che sia sufficiente mettere insieme le varie anime della sinistra per sfidare il centrodestra mentre ci sono spezzoni di società, che , pur non riconoscendosi nella destra meloniana, pensano di poter contribuire ad offrire una nuova guida ad una città importante come Perugia. Ma qui si torna al travaglio interno che sta vivendo il PD dove sempre più si fa avanti l’esigenza di dare una identità al partito. Ed al momento sembra prevalere chi vuole dare al partito un profilo chiaramente di sinistra in un continuo duello con i 5Stelle di Giuseppe Conte, che riscoprendosi avvocato del popolo e populista cerca di sottrarre al PD spazi della sua tradizionale base elettorale. Di conseguenza il PD a guida Schlein si trova a combattere su un terreno in concorrenza con il movimento di Grillo, o meglio ancora di Giuseppe Conte, gioco questo che può andare bene per qualche zero virgola in più alle europee ma non già per sconfiggere la destra perché sarebbe solo un gioco a somma zero. D’altra parte ci sono molti nel PD che pensano, che assumendo una identità chiaramente di sinistra si possono recuperare voti del popolo di sinistra fino ad ora rifugiatisi nel diffuso astensionismo o nel voto di protesta. Ma c’è ancora un grosso serbatoio di voti di sinistra inespressi ? Credo di no, perché già rappresentati nella cosiddetta area di sinistra dai 5Stelle o dalla sinistra di Fratoianni e Bonelli, mentre c’è invece da aggredire tutto un mondo, se volete grigio, rifugiatosi nell’ astensione o parcheggiato nelle varie formule dei cosiddetti moderati o dei movimenti di Calenda e Renzi. Ma c’è anche una parte del mondo dell’economia e delle nuove professioni, autonomi, partite iva ed altro, che si augurano una diversa politica non solo attenta alle loro esigenze ma anche di buon governo capace di  offrire in Europa e nel mondo l’immagine di un’Italia più credibile e più in grado di attrarre alleanze nel nuovo scenario geopolitico di oggi. Insomma c’è bisogno di tornare all’origine, il PD è nato come partito di centrosinistra (senza trattino) plurale ed inclusivo e se diventa altro non è più il PD di Prodi e di Veltroni. Ci troviamo quindi in una situazione ben più complessa. sono saltati tutti i tradizionali punti riferimento, non c’è più la classe operaia compatta e forte come una volta, perché  in larga parte divenuta ceto medio pronto a subire, quando non ha già subito, le suggestioni raffigurate dalla nuova destra. Il quadro della società è completamente mutato e purtroppo non possiamo ora in poche righe offrirne una convincente analisi.