IL CONGRESSO DEL PD UMBRO

di Pierluigi Castellani

Nel prossimo ottobre si celebrerà il congresso regionale del  PD dell’Umbria che dovrebbe mettere fine al lungo commissariamento del partito. Già ci sono dei candidati e forse altri se ne aggiungeranno. C’è già una polemica su quali debbano essere gli iscritti al partito che potranno parteciparvi. Infatti qualcuno vorrebbe siano solo gli iscritti al gennaio 2020 ed altri invece vorrebbero che siano anche coloro che si iscrivono il giorno  della celebrazione del congresso. Certo sarebbe ben singolare per un partito, che aveva fatto delle primarie il suo tratto distintivo, rifiutare l’iscrizione a chi si presenterà nei circoli il giorno delle assemblee. Ma al di là della disputa sugli aspetti regolamentari c’è da chiedersi se le idee e le proposte, già in campo, siano sufficienti a far ripartire un partito che ancora non ha ben riflettuto sugli ultimi insuccessi elettorati che lo hanno costretto all’opposizione in una regione  fino a ieri  governata dalla sinistra e  dal centrosinistra. Innanzi tutto manca ancora  un’idea chiara sull’identità e la mission del partito. Il PD non è tale se non è un partito plurale ove abbiano libera circolazione le culture migliori del novecento declinate nell’attualità emergenziale di oggi dove domina la destra sovranista e populista. Non a caso nella metà degli anni 90 Romano Prodi ebbe l’idea dell’ulivo ove dovevano ritrovarsi le culture  progressiste e riformiste che volevano opporsi al berlusconismo allora imperante. Successivamente fu poi Walter Veltroni che immaginò il PD come forza politica di governo a vocazione maggioritaria, intendendo con ciò  definire un partito largo ed aperto che si ponesse il problema di una vasta rappresentanza della società politica e civile  . Ora si può fare a meno di queste esperienze del passato? Credo di no. Certamente ci troviamo all’interno di un quadro nazionale ed internazionale molto complesso e nel pieno di una  grave crisi economica e sociale dovuta all’emergenza coronavirus. Ma se il primo obbiettivo è battere la destra ,ora insediatasi a Palazzo Donini, non lo si potrà fare con un partito ristretto ad una omologata dirigenza che crede di ripartire spazzando via il passato e con il consueto  giovanilismo di ritorno. Il problema è ben più complesso e credo che non deponga bene per una forza politica che si qualifica come forza di governo ignorare questi 50 anni di regionalismo alle nostre spalle che, pur con  tanti errori, hanno trasformato l’Umbria da una regione sostanzialmente  agricola in una regione dove dal turismo, al manifatturiero, alla cultura può vantare tante eccellenze che consentono alla nostra economia un non indifferente export. Senza poi dimenticare quella diffusa rete di presidi sociali e sanitari che hanno garantito l’inclusione sociale e hanno consentito di affrontare la pandemia con risultati certamente non trascurabili. Da qui bisogna ripartire, immaginando di costruire un’alleanza sociale che sappia offrire una concreta alternativa al governo della destra. Ci sono appuntamenti importanti di fronte a noi. C’è l’occasione dei fondi del recovery fund che non può essere persa. Sono necessari progetti che vadano ad incidere sullo sviluppo del nostro apparato produttivo che, non dimentichiamolo, soffre di nanismo e di scarsa produttività. C’è da dare un forte impulso al turismo qualificando ancor più l’Umbria come regione green e dall’alta qualità della vita, rafforzando la rete di protezione sociale e di lotta all’emarginazione che la crisi pandemica sollecita. E il nostro servizio sanitario deve ancor più trovare il giusto equilibrio tra la medicina del territorio e le necessarie eccellenze che  l’ accresciuta domanda di sanità impone. Insomma il lavoro è tanto e l’alternativa non si prepara senza un partito che riapra il colloquio con i territori e con le persone che li abitano. Non sembra che il confronto interno al PD umbro abbia imboccato la giusta strada, forse  soffre anche l’ incertezza ed indeterminatezza che si coglie  a livello nazionale. Il PD non può essere assorbito dalle dispute interne alla maggioranza di governo e da un continuo braccio di ferro con i 5Stelle che ancora non hanno compreso il salto di qualità necessario per una forza che passa dalla piazza dei vaffa alle stanze di Palazzo Chigi. Gli umbri, ma anche gli italiani, non hanno bisogno di un PD residuale che si contenta di occupare gli spazi  lasciati dalle altre forze politiche. Il PD era nato con l’ambizione di parlare alla maggioranza dei cittadini. Ebbene, anche il PD umbro deve recuperare quell’ambizione.