IL GRIDO DI GIOBBE

Il dolore, lo strazio, il sangue di tanti innocenti, tutte le tragiche immagini, che ci giungono in questi giorni dall’Afghanistan, non possono non rimandare all’eterna domanda del ” perché il dolore “, che ci viene riproposta nel libro di Massimo Recalcati ” Il grido di Giobbe “, pubblicato recentemente da Einaudi. Recalcati prosegue con questo suo ultimo saggio la sua personale rivisitazione, da esperto psicanalista,  dei momenti più drammatici del testo biblico. Infatti dopo ” La notte del Getsemani ” e ” Il gesto di Caino ”  ora con ” Il grido di Giobbe ” affronta il tema dell’inspiegabilità del dolore da parte della ragione umana. Ecco quindi che il ” perché il dolore ” diventa il grido di Giobbe, che rivolge questa domanda direttamente a Dio, direttamente al Padre, che si nasconde al figlio, tanto che  ” l’etimo di Giobbe – scrive Recalcati – deriva dall’unione di due parole ebraiche che significano: dov’è il padre? ” Infatti ” nel libro di Giobbe la solitudine del figlio abbandonato dal Padre  è protagonista della scena, come, del resto, accadrà nella notte del Getsemani per Gesù “. Può apparire singolare che uno psicanalista si avvicini ai passaggi più intensi della Bibbia dove viene soprattutto alla luce il rapporto drammatico che lega la solitudine dell’uomo al tema dell’esistenza; ma è proprio nell’indagine sul sé che si nasconde il rapporto dell’uomo con la trascendenza ed il divino. Il grido di Giobbe interpella direttamente Dio, che si nasconde e non offre quelle risposte che Giobbe reclama: perché il giusto è perseguitato dal male e l’ingiusto, invece, viene preservato dalla sofferenza e dal dolore ? Con chiarezza Recalcati confuta, attraverso l’esperienza di Giobbe, ” la teologia retributiva che informa gran parte del cosiddetto Antico Testamento”, che appunto sarà superato ed inverato dal Nuovo con la predicazione di Gesù. Recalcati non si sottrae anche dal sottoporre a critica la stessa psicanalisi. ” Giobbe – scrive – sospinge la psicanalisi, come arte della decifrazione,  a riconoscere i suoi stessi limiti……l’esperienza del dolore non può essere decodificata integralmente come se fosse un messaggio, perché essa implica necessariamente un ” resto ” che si sottrae a ogni lavoro di decifrazione semantica “. Comunque tutto ha una risposta ” Giobbe grida perché non possiede alcun sapere, perché esige che l’Altro risponda. In questo egli si rivela come uomo della preghiera, uomo della fede “. E’ così che Giobbe si salva, perché viene riconosciuta la sua fede. Infatti ” il suo modo di vedere il mondo non prescinde dal riconoscimento dell’atto della creazione come atto di donazione”, come atto di pura Grazia a cui l’uomo deve abbandonarsi.

Il libraio

Massimo Recalcati, ” Il grido di Giobbe “, pp. 96, Einaudi, Torino, 2021    Euro 15,00