LA CRISI DEI PARTITI E L’ART. 49 DELLA COSTITUZIONE

di Pierluigi Castellani

E’ stata unanime la constatazione, che, durante la tormentata vicenda conclusasi con la rielezione di Sergio Mattarella, si sia assistito non alla crisi della politica ma a quella dei partiti. I partiti sono apparsi non convincenti, quasi disorientati da un compito, quello di trovare un nuovo inquilino per il Quirinale, apparso più grande di loro, incapaci di dare una risposta all’altezza delle esigenze di un paese sottoposto, da due anni a questa parte, ad uno stress, che ha piegato l’economia e la vita sociale. E’ difficile trovare una risposta convincente che possa spiegare come sia avvenuto tutto ciò. Come mai cioè i partiti si siano dimostrati, ancora una volta, non in grado di saper colmare quella distanza, tra politica e cittadini, che si registra ad ogni tornata elettorale. Eppure chi ha tentato di sostituire i partiti con i movimenti, o altra forma, non sembra che abbia raggiunto un convincente obbiettivo. ” I partiti – ha scritto Norberto Bobbio –  sono ben più che leciti. Sono necessari”. I partiti quindi sono necessari alla democrazia. Non si ha vera democrazia senza i partiti. Principio questo scritto a chiare lettere nell’art. 49 della nostra costituzione: ” tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Sulla base di questo principio si è discusso, come ha fatto a più riprese anche Leopoldo Elia,  della necessità di una legge che traduca in concreto l’indicazione del “concorrere con metodo democratico”. E’ sempre prevalso il timore di ingabbiare la libertà dei partiti in un burocratico controllo da parte dell’esecutivo. Anche il ” concorrere con metodo democratico ” ha fatto molto discutere fin dai tempi della commissione dei 75, che ha redatto la carta costituzionale. E’ infatti da ricordare che Aldo Moro, allora costituente,  ebbe a constare ” se non vi è una base di democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere indirizzo democratico nell’ambito della vita politica del Paese”. Poi, si sa,  che per l’ostilità delle sinistre di allora ” il metodo democratico” si è voluto riferirlo solo all’azione esterna dei partiti non alla loro vita interna. Eppure credo che l’attuale crisi sia in gran parte dovuta anche alla mancanza di una concreta attuazione dell’art. 49 ed ad una non chiara definizione del profilo necessario perché possa rispettarsi quell’indicazione del ” metodo democratico “,  indispensabile  premessa per una legittimazione della presenza dei partiti nel nostro ordinamento. Legittimazione che deve essere accompagnata da una effettiva partecipazione degli iscritti e dei militanti. Una partecipazione trasparente che renda davvero protagonisti tutti coloro che si avvicinano alla politica con matura coscienza della cosa pubblica. Per questo non è certamente sufficiente la semplice ed anonima via del web con la risposta a quesiti prefabbricati ed imposti dall’alto. La crisi dei partiti è anche crisi della loro struttura. Con questo non si vogliono rimpiangere i costosi e pesanti partiti di una volta, ma certamente non si auspica qualcosa di evanescente in balia del leader di turno. Si farà strada questa nuova coscienza della imprescindibilità dei partiti? E’ la nostra speranza.