LA PARTITA DEL QUIRINALE

di Pierluigi Castellani

L’entrata a gamba tesa di Giorgia Meloni nel dibattito sulla elezione del nuovo inquilino del Quirinale sembra voler turbare il clima di largo consenso, che le maggiori forze politiche vorrebbero ricercare. Quando la leader di FDI dice che vuole ” un patriota per il Colle”, aggiungendo che con il presidenzialismo si uscirebbe ” dal pantano della repubblica parlamentare”, non solo sottolinea  implicitamente ,e non credo involontariamente, che fino ad ora i Presidenti della Repubblica non sarebbero stati dei patrioti, ma che la repubblica parlamentare, disegnata dalla Costituzione, sia un pantano da cui uscire. In questo modo Giorgia Meloni dimostra di essere ancora molto lontana dal potersi accreditare in Europa quale leader rassicurante dei conservatori,  che quindi può ambire alla guida del governo. In verità la Meloni con questa sua uscita nell’intervento, che concludeva la festa di Atreju dei FDI, rivela come ancora sia prigioniera di quella cultura radicata nell’ottuso ed esasperato nazionalismo, che può ancora portare guai al nostro paese. E’ anche singolare ,che quando afferma che per il Colle la candidatura di Silvio Berlusconi va bene perché è un patriota, poi aggiunga che non ha elementi per dire se Mario Draghi lo sia. Che cosa significa tutto questo nel confronto politico per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica? Sembra una chiamata a raccolta di tutto il centrodestra sotto la bandiera del patriottismo, inteso come pericolosa esasperazione del nazionalismo, chiudendo quindi ogni dialogo con le altre forze politiche e segnando un ostacolo per quel largo consenso da tutti, a parole, auspicato. Certamente ancora la strada per la elezione del nuovo Capo dello Stato è lunga e tortuosa . Prima infatti c’è l’approvazione della legge di bilancio e ci sono ancora da sciogliere alcuni nodi tra le forze di maggioranza e che non riguardano solo la riforma fiscale, ma anche i superbonus, le cartelle esattoriali che si vorrebbero ancora prorogare, e c’è l’ostacolo dello sciopero generale proclamato da CGIL e UIL, che ha messo in fibrillazione la  parte sinistra dello schieramento di maggioranza. Le difficoltà sono anche aumentate dopo il reciso no di Sergio Mattarella alla sua  rielezione e l’incognita che graverebbe sulla durata della legislatura se si eleggesse,  quale Capo dello Stato, l’attuale Presidente del Consiglio. Ed allora quando i leader politici siederanno allo stesso tavolo per trovare quel largo consenso da tutti rivendicato sarà arduo trovare la convergenza sul nominativo del nuovo inquilino del Quirinale nonostante non manchino figure di rilievo nel panorama politico del nostro paese. Ma lo sforzo di tutti, o almeno dei più volenterosi e responsabili, deve assolutamente evitare quelle lunghe ed estenuanti votazioni, che già nel passato si sono viste. Questo non farebbe ritrovare credibilità alla politica e non sarebbe un buon viatico per il difficile percorso dell’Italia per l’attuazione del PNNR, così strettamente legato al necessario utilizzo dei fondi europei.