PERCHE’ NO AL PRESIDENZIALISMO

di Pierluigi Castellani

Approvata la finanziaria Giorgia Meloni intende portare avanti il suo ambizioso programma di riforme. Così mette in cantiere la riforma costituzionale del presidenzialismo, la riforma della giustizia e il regionalismo differenziato con il rischio di un ingorgo in parlamento, che non porterà a conclusioni positive e soprattutto e rispettose dei reali interessi del paese. Infatti questo affollarsi di riforme sembra essere un tentativo di distrarre l’opinione pubblica, che è ha ben altri problemi che la assillano: il caro bollette, l’inflazione arrivata a due cifre, il costo alla pompa dei carburanti, il divario tra nord e sud del paese, il lavoro dei giovani e le disuguaglianze sociali che rischiano ancora di aggravarsi. La riforma che, per ora, fa più discutere è quella del presidenzialismo. Ce ne è veramente bisogno? E soprattutto che tipo di presidenzialismo ? Alla francese o  come negli Usa ? E poi si vuole eleggere direttamente il Capo dello Stato o il capo dell’esecutivo ? Sono questioni di non poco conto e al momento le reali intenzioni del governo di destra-centro non sono state rese note anche perché la maggioranza è divisa al proprio interno su quale profilo dare a questo invocato presidenzialismo. Ma una cosa è certa, le intenzioni che si vogliono raggiungere sono quelle di un superamento o appannamento  della democrazia rappresentativa delineata dalla nostra costituzione. Ma è proprio sullo svilimento del momento di rappresentanza che sta il vero pericolo. La democrazia diretta, come nell’Atene di Pericle, è possibile solo se la base sociale è ridotta al perimetro di una città o di una ristretta comunità. Sta proprio nell’allargamento della base sociale ad avere introdotto necessariamente l’elezione dei rappresentanti del popolo, che del popolo debbono interpretare e rappresentare la volontà. Ogni richiamo alla democrazia diretta , se non bene delineata e circoscritta, corre il rischio di scivolare nel plebiscitarismo populista, che, ricordiamolo, storicamente è l’anticamera dell’autoritarismo se non della dittatura. Si obbietterà che la sovranità risiede nel popolo, come ricorda anche la nostra costituzione, e non nei suoi rappresentanti, ma è anche pur vero che i rappresentanti nell’interpretare la sovranità popolare la depurano di tutte le suggestioni demagogiche e populiste che possono allignare nel popolo. Valga a questo riguardo quanto ebbe ad osservare Alexis de Tocqueville nel suo testo fondamentale sulla democrazia “La democrazia in America” : ” basta che la volontà popolare passi attraverso questa assemblea ( si riferisce all’assemblea dei delegati che eleggevano i senatori) per migliorare e uscirne rivestita di forme più nobili e belle. Gli uomini eletti in questo modo, dunque, rappresentano sempre  esattamente la nazione che governano, ma rappresentano solo i pensieri elevati che in essa si trovano, gli istinti generosi che l’animano e non i vizi e le piccole passioni che spesso l’agitano disonorandola”. Rimane il problema  comunque di dover assicurare alla democrazia un governo che decida ed un premier che possa scegliersi i ministri e se del caso di cambiarli, perché una democrazia che non decide e non abbia un governo autorevole può effettivamente degenerare in un parlamentarismo inconcludente. Ma il rimedio a queste pericolo c’è ed è stato già auspicato che venga introdotto anche in Italia. Si tratta del cancellierato alla tedesca con l’introduzione della sfiducia costruttiva ed il rafforzamento del ruolo del presidente del consiglio dei ministri. Avventurarsi quindi in una riforma che introduca un non ben definito presidenzialismo è davvero un pericolo per la democrazia del nostro paese conquistata nella lotta resistenziale al nazifascismo. Ed allora perché correre questo rischio?