La spending review sulle farmacie pubbliche

In una sua recente relazione, il commissario della spending review, Carlo Cottarelli, ha evidenziato lo stato di salute delle partecipate dei comuni analizzandone i bilanci e la relativa sostenibilità. Dal rapporto emerge che alcune società non sono redditizie e che 1.250 sono inoperative e possono essere quindi chiuse in tempi brevi. Su ciò concordiamo, ma valutazioni di segno completamente opposto devono essere fatte, in particolare, per le farmacie pubbliche, che sono complessivamente 1.600 circa, comprese le 182 partecipate dai comuni (gestite mediante società miste): la maggioranza di esse presenta infatti un bilancio in attivo, se è vero, come è vero, che portano ogni anno 150 milioni di euro nelle casse dei comuni. Sarebbe dunque davvero irresponsabile rinunciare di colpo a queste risorse.
Per di più, oltre a questi dati, pur importantissimi, dobbiamo considerare la necessità di mantenere operativo un servizio farmaceutico altamente qualificato e strutturato a suo tempo dal legislatore secondo un principio di ragionevolezza in due componenti – una pubblica e una privata –, che se isolate non permetterebbero di considerare la disciplina nella sua globalità.
Il commissario Cottarelli, nella premessa del suo elaborato, pone una domanda molto interessante, ovvero se questa attività possa essere svolta solo dal privato: «il settore della farmacia fornisce un esempio di settore in cui la presenza del privato si è ormai affermata al punto da rendere difficilmente quantificabile un ruolo pubblico in termini di vendita diretta».
Questa tesi nasce dalla considerazione che le farmacie comunali rappresentano circa il 9% della totalità. Tuttavia, essa è discutibile e fuori luogo, vuoi perché non esprime una valutazione di merito e di funzionalità su di un sistema integrato pubblico-privato, vuoi perché, per analogia, secondo il ragionamento di Cottarelli, dal Ssn, dove la presenza del pubblico è pressoché totale, dovrebbero essere esclusi gli operatori privati.
Sostenere una simile teoria è del tutto irragionevole e non praticabile, perché autopunitiva.
A nostro avviso, semmai, gli obiettivi da raggiungere attraverso una spending review nel settore sono:
1. miglioramento delle società partecipate
2. semplificazione delle stesse mediante una riduzione del loro numero valutandone con severità i bilanci
3. aumento della trasparenza delle società
4. riduzione dei costi di gestione
Confidiamo che, pur in un clima di difficoltà generale, non trovino accoglimento nella prossima legge di stabilità proposte prive di conoscenze del settore e siamo fiduciosi nell’azione dei parlamentari locali affinché facciano proprie le ragioni qui esposte.
Paracelso

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