Punta sull’Umbria lo smaltimento illegale dei rifiuti. Un fenomeno che arriva anche dalla Capitale. Il racconto in esclusiva del gip Santoloci

Smaltimento illecito di rifiuti, roghi di spazzatura, diossine, colpevoli. Nessun territorio purtroppo è oggi immune dai reati ambientali. In esclusiva ad Umbria Domani l’intervista al Dott. Maurizio Santoloci, gip del Tribunale di Terni e docente di diritto ambientale presso la Scuola Ufficiali Carabinieri e presso diverse altre scuole di polizia nonchè consulente della  Commissione bicamerale parlamentare d’inchiesta sulle illegalità in materia di rifiuti, che ci fotografa la situazione in Umbria.

 

Quali sono i reati ambientali più gravi che si stanno diffondendo nella nostra regione? 
L’Umbria, come tutte le Regioni d’Italia, appare oggi particolarmente esposta al rischio di smaltimenti illegali di rifiuti solidi e liquidi.  Non esiste, a mio modesto avviso, un territorio che possa oggi ritenersi assolutamente immune da questo rischio trasversale. Quando si ritiene che nel proprio territorio non ci sono mai visti episodi evidenti in ordine a tali illegalità, non si tiene conto che nella maggior parte dei casi in passato gli smaltimenti sono stati silenti, e soltanto dopo anni sono state scoperte le discariche sotterranee. Non si è mai visto un automezzo con la scritta dichiarata per trasporto illegale di rifiuti. Pensiamo all’Abruzzo, dove sembrava che tutto fosse assolutamente estraneo a tale fenomeno, mentre poi in quel territorio è stata scoperta una discarica tra le più  profonde e micidiali in Europa. In Umbria ci sono già evidenti fenomeni di smaltimenti illegali di rifiuti a diversi livelli; pensiamo ad inchieste recenti e passate che hanno evidenziato segnali di attività preoccupanti in questo senso. Ma anche i micro fenomeni di smaltimento illegale non vanno sottovalutati, perché sono la base della più grande piramide delle illegalità diffuse. Abbiamo visto segnali molto inquietanti, ad esempio, in materia di smaltimento di eternit diffuso come illegalità seriale derivante soprattutto dallo smantellamento di tettoie di capannoni o di grandi manufatti. Anche per i rifiuti liquidi abbiamo visto illegalità emergenti. Non va poi  sottovalutato il fatto che la criminalità organizzata e quella associata scelgono spesso territori apparentemente tranquilli ed innocui proprio per innestare – in modo silente – i propri traffici, e dunque aree come l’Umbria sono comunque potenzialmente a rischio e va in ogni caso elevato il livello di attenzione per esorcizzare tali eventualità. Non vanno infine dimenticate le attività – apparentemente modeste –  di piccoli smaltimenti illegali,  i quali sommati tutti insieme creano comunque un danno ambientale molto pericoloso per il territorio per la salute pubblica. Il degrado progressivo ed irreversibile del territorio inizia proprio da questi piccoli smaltimenti puntiformi e  seriali disseminati sul territorio, che poi possono  trasformarsi in ricettori sistematici di più grandi illegalità. Gran parte della massa di rifiuti solidi e liquidi che, soprattutto di notte, vengono riversati sul nostro territorio sono da addebitare a quel mondo silente ma vastissimo dei trasportatori e smaltitori abusivi che vanno a raccogliere questi rifiuti solidi e liquidi  presso privati ed aziende a costi bassissimi, per poi gettarli/sotterrarli ovunque o in parte bruciarli. Certamente senza emettere poi fattura e compilare formulari. Ormai è palesemente radicata nel nostro Paese – Umbria compresa –  una realtà di un numero elevato ed incontrollato di soggetti che, utilizzando piccoli  e medi mezzi intestati a privati (spesso soggetti di facciata, impunibili tipo persone anziane) e dunque del tutto “invisibili” perché anonimi, girano in lungo e in largo sul territorio per offrire un “servizio” che è molto appetito da una altrettanto vastissima massa di privati e titolari di piccole/medie aziende: il “ritiro” a bassissimo costo dei propri rifiuti per evitare i costi degli smaltimenti ufficiali.

Quali sono le relative conseguenze? 
Oggi esiste una correlazione incontestabile ed indiscutibile tra reati ambientali e danni alla salute pubblica. Gran parte delle illegalità in questo settore genera infatti esposizione rischio tumori o altre malattie per i cittadini con livelli ormai elevatissimi. Quando parliamo di illegalità ambientali, va tenuto presente che non esiste solo la grande criminalità organizzata che opera a livelli superiori, ma dobbiamo prendere atto che esiste un mondo di mezzo costituito da questa ulteriore realtà, ed i danni  sulla salute pubblica che –  tutti insieme ed ogni giorno – questa massa incontrollata di soggetti provocano sull’ambiente e sulla salute pubblica non sono di minore rilievo di quelli della criminalità organizzata, perché è la somma che fa il totale. Pensate solo all’eternit che ogni giorno con questo sistema silente viene riversato – a pezzi, frantumato e sbriciolato – non solo su aree aperte ma anche dentro i cassonetti per i rifiuti; vanno sottolineati i conseguenti danni diretti per i cittadini ed i costi da mettere in campo per le rimozioni. E’ un danno capillare e diffuso, meno visibile rispetto ad una grande ed unica discarica abusiva, ma di fatto sono grandi discariche abusive polverizzate sul territorio. L’effetto di danno non è minore. Il lucrosissimo business dello smaltimento illegale dell’eternit è un vero e proprio Eldorado per queste attività criminali. Inutile ricordare che anche il nostro territorio umbro è invaso da eternit in ogni dove. Basta concentrarsi durante un viaggio su strada e dare un’occhiata alle campagne per vedere tettoie di capannoni industriali ed artigianali, stalle, rifugi per animali, fienili, ricoveri mezzi ed attrezzi: tutto eternit. In città si trova nei condomini, nelle stazioni, negli uffici pubblici e privati, perfino negli ospedali e nelle stazioni. Nascosto nelle soffitte, nelle tubature fumarie, nei cancelli e dovunque. Un mare di eternit. Smaltire tutto questo costa. E ci si deve – logicamente – rivolgere a ditte autorizzate che, proprio per questo, offrono un servizio garantito da rischi e contaminazioni. Ma i costi sono alti. Dunque, la tendenza dei privati (soprattutto in campagna o aree isolate) e di molte aziende è quella di rivolgersi al “mondo parallelo” degli abusivi per far sparire il proprio eternit a costi enormemente più bassi. Ed ecco il business criminale. Ci sono, dunque, queste “ditte” strutturate totalmente in nero (per lo più attivate da cittadini dell’est europeo) che – velocemente – inviano un gruppo di “dipendenti” su furgone anonimo che tolgono di mezzo tutto l’eternit praticamente a martellate, colpi di strumenti da taglio di ogni tipo di edilizia ordinaria, senza alcuna precauzione per se stessi e per l’ambiente ove operano.  Si frantuma tutto, e si rilasciano in loco e durante il viaggio – ed infine sul luogo di illegale smaltimento – fibre di amianto in volo senza controllo. Un danno per la salute pubblica estremo. Ma – paradossalmente – i primi a farne le spese sono proprio questi “dipendenti”, cioè nuovi schiavi arruolati per un tozzo di pane e mandati a fare questo lavoro sporco che crea lucro immenso per i mandanti. Persone che spaccano pezzi di eternit in maglietta e calzoncini corti, neppure una mascherina. Esposti a tutto campo ai rischi (certezze) di contaminazione. Sono fonte di “autodanno” e di danno verso i terzi. Il territorio è infestato in modo silente da questo fenomeno illegale.

Come si può arginare un problema di questa portata? 
Solo con i controlli di polizia preventivi e repressivo, costanti e seriali. Non vi è altra soluzione. Ma sulla competenza per gli interventi preventivi e – soprattutto –  repressivi in materia di queste tipologie di illeciti penali è  da tempo in atto un diffuso dibattito ricco di equivoci interpretativi ed applicativi.  Alcuni organi di polizia, anche di polizia locale, a volte ritengono di non essere competenti per intervenire in tali settori. Questo perché alcuni sostengono che tali reati specifici sono di competenza sono di alcuni organi di polizia giudiziaria specializzati. Non di rado si innestano anche equivoci e polemiche sui numeri di soccorso pubblico su richiesta di cittadini e associazioni. Va dunque precisato che i reati in materia ambientale ed a danno salute pubblica  sono, al pari di tutti gli altri reati inerenti ogni altro settore, di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria. Non esiste, quindi, alcuna competenza selettiva specifica che determini una esclusività operativa di un organo di P.G. verso questi reati o addirittura verso alcuni di questi reati.  La riserva è inesistente a livello attivo e passivo; in altre parole, nessun organo di P.G.  (statale o locale) può essere considerato competente in via esclusiva per i reati in materia ambientale a danno salute pubblica ed a danno degli animali (con esclusione di altri organi) né, al contrario, nessun organo di polizia può ritenersi esonerato parzialmente o totalmente dalla competenza verso questi reati (con rinvio ad altri organi). Indubbiamente esiste una specializzazione di fatto (sottolineo: di fatto e non di diritto) che fa sì che alcuni organi siano istituzionalmente preposti e preparati in particolare verso determinate tipologie di illeciti, ma questo non esime gli stessi organi dalla competenza verso gli altri reati ed in particolare, per quanto attiene al settore in esame, non li esime dal potere/dovere di intervento verso illeciti di diversa tipologia nel campo dei reati in materia ambientale a danno salute pubblica. Oggi, stante la chiarezza solare delle norme procedurali penali, sostenere teoria opposta, e cioè ritenere che una o più forze di polizia statali o locali non abbiano competenza per i reati in materia di ambiente, salute pubblica e tutela degli animali – e quindi indurre uno di tali organi a non intervenire in caso di tali reati – significa esporre il singolo operatore di polizia ad una diretta responsabilità personale in ordine al mancato intervento. E, per essere ancora più chiari, ritengo che un organo di polizia statale o locale il quale a fronte di uno specifico reato nei settori sopra citati, deliberatamente per una presunta “incompetenza” per materia, non agisca al fine di impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze, assicurare le fonti di prova del reato medesimo ed individuare gli autori per la denuncia alla magistratura, si pone in una posizione procedurale e sostanziale del tutto illegittima.

Il fenomeno dei roghi di rifiuti che ha colpito la Capitale, può avere riflessi anche in Umbria? 
Assolutamente si.  La “terra dei fuochi” non è soltanto in Campania, ma anche molte altre zone d’Italia. Basti pensare al gravissimo fenomeno che sta imperversando nelle aree suburbane di Roma ed in particolare i bordi del grande raccordo annullare. Infatti in tali aree della Capitale ogni notte nei campi rom si bruciano rilevantissimi quantitativi di rifiuti di ogni genere, in particolare plastici e da elettrodomestici. I fumi che ne derivano contengono diossina a livelli altissimi e sono micidiali per la salute pubblica. Tutto questo sistema di illegalità diffusa deriva dal fatto che ogni giorno decine e decine di furgoncini guidati da tali soggetti si recano in giro per la città raccogliendo rifiuti aziendali  er privati in modo illegale,  per poi appunto portarli  del proprio campo rom per dargli fuoco di notte al fine di smaltirli in modo illegale. Si tratta di illegalità seriale, sistematica e permanente. Tali azioni delittuose stanno creando, oltre ai  problemi per la salute pubblica, anche problemi di ordine pubblico a tal punto che la Prefettura di Roma sta intervenendo in modo deciso ed articolato. Tale fenomeno è molto diffuso e rappresenta ormai una realtà economica in nero radicata e molto difficile estirpare,  dunque vi è  il concreto rischio che – grazie anche all’azione delle forze dell’ordine che stanno cercando di soffocare il fenomeno alla periferia di Roma – tali attività si spostino verso aree limitrofe alla Capitale  verso città  territorialmente  vicine. Tra queste città vi è logicamente  anche Terni. E nella conca ternana siamo già assistendo ai primi fenomeni notturni di “assaggio” con diversì falò occulti per vedere e saggiare la reazione preventiva e  repressiva degli organismi preposti al controllo del territorio. La strategia è ormai manualistica: se gli autori di tali primi falò “di esperimento” notano che le istituzioni non reagiscono con proporzionata efficace, si annidano sul territorio e poi il fenomeno diventa irreversibile. La prova che questo avviene può essere avvertita dai cittadini di notte con le prime misteriose “puzze” di plastica bruciata. Sono io primi segnali. E’ dunque necessaria già in questa fase embrionale una reazione decisa e convinta da parte delle forze di polizia per stroncare tali azioni delittuose all’origine.

Maurizio Santoloci
MAURIZIO SANTOLOCI, gip Tribunale di Terni

All’intervista ha partecipato anche la Dottoressa Valentina Santoloci, esperta in diritto ambientale. La dottoressa, già relatrice sul tema in diversi seminari diretti dalle forze di polizia, fa luce sulle responsabilità in materia ambientale.

Quali sono le responsabilità primarie in tutto questo fenomeno di illegalità? 
Va detto con chiarezza che in questa dinamica sono tutti complici dolosi. Senza sconti per nessuno. Perché il privato cittadino ed il titolare di impresa che si rivolge ad uno di questi soggetti “in nero” per consegnarli i propri rifiuti non può essere Alice nel Paese delle Meraviglie, ed ignorare che tali rifiuti saranno da lì a poco gettati o bruciati da qualche parte. Lo sa benissimo, proprio perché sceglie volontariamente e consapevolmente (da qui il dolo) di evitare di rivolgersi al (più costoso) servizio regolare e legale e si rivolge all’abusivo (di gran lunga meno costoso). Il fine è quello di risparmiare sui costi e – forse – anche quello di evitare tanti adempimenti formali che certo il trasportatore illegale non chiede. Il risparmio è speculare anche alla connessa violazione fiscale e tributaria. Questo è il punto fondamentale che molti – anche tra gli organi di polizia – sottovalutano. Il produttore dei rifiuti (privato o aziendale) ha la incontestabile responsabilità, originata dalle regole europee vigenti, connessa al destino del suo rifiuto (domestico o aziendale) fino al corretto smaltimento o recupero finale; e tale responsabilità, in modo altrettanto incontestabile, non può essere da lui “ceduta” a nessuno a livello contrattuale o di patti vari, e certamente ancor meno ad un soggetto illegale. Dunque, quando si individua uno smaltimento illegale in questo contesto (ivi compresi – logicamente – le bruciature di rifiuti ed i falò connessi), oltre agli accertamenti di rito, va come prima cosa individuato (se possibile) il “mandante”, e cioè il produttore (o i produttori) di quei rifiuti (siano essi privati e/o titolari di azienda) perché il primo responsabile “dinamico” non è il soggetto abusivo che sta operando tale smaltimento, ma il produttore che – dolosamente e con il chiaro fine di raggiungere quell’obiettivo – gli ha consegnato quei rifiuti. Se i produttori sono diversi, vanno tutti considerati corresponsabili primari. Inutile concentrarsi solo sul trasportatore/smaltitore abusivo (che spesso, sotto il profilo investigativo, è un soggetto a margine di minimo spessore), se non si stronca l’origine del conferimento. Perché se continuiamo a concentrare l’azione di PG solo sul soggetto operante abusivo, ma non risaliamo (ove possibile)  alla fonte, domani quel singolo soggetto abusivo sarà sostituito da altro soggetto analogo che si recherà presso quello stesso produttore ed opererà esattamente lo stesso “ritiro” e lo stesso successivo smaltimento abusivo. E così via, in una vite senza fine. E’ necessario anche in questo mondo di mezzo sempre cercare di risalire alla fonte per stroncare la fonte stessa del conferimento illegale dei rifiuti. Solo così si può impedire ogni futuro smaltimento illegale – appunto – da quella fonte. Va sottolineato che tutti questi soggetti (dal produttore privato o aziendale, al trasportatore/smaltitore illegale all’eventuale proprietario dell’area finale consapevole e partner del soggetto abusivo intermedio) agiscono con dolo, e dunque va applicato loro il concorso in tutti i reati emersi in quella specifica dinamica. E’ logico che coloro che agiscono “in nero” in questo settore non possono raggiungere un sito di smaltimento o recupero regolare e – dunque – per forza di cose devono smaltire i rifiuti così abusivamente raccolti andando a riversarli da qualche parte, o sotterrandoli o bruciandoli. Tutto qui. Ed ecco la chiave di lettura di tutto.

 

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