Tasse e tariffe, Perugia e Terni le mettono in bilancio e ne riscuotono solo una parte

Ogni anno nelle casse del Comune di Perugia arriva il 64,4% delle tasse e delle tariffe che la giunta e il consiglio mettono in bilancio, a Terni il 63,9%. C’è una distanza che separa dalla teoria (la previsione) alla pratica (la riscossione). Il fenomeno è comune ai 108 capoluoghi presi in considerazione. Se Reggio Emilia spicca per essere l’amministrazione dove il distacco è più ridotto, l’amministrazione infatti riscuote l’87,1% di quanto messo in bilancio, Vibo Valentia detiene il primato contrario. Ogni anno, infatti, arrivano nelle case di questo Comune solo il 43,5% di tasse e tariffe messe a bilancio. Perugia e Terni con le loro percentuali si collocano rispettivamente al 71esimo e al 72esimo posto della classifica, avvicinandosi più a Vibo Valentia che non a Reggio Emilia. I dati sono forniti da “Il Sole 24 Ore” che li ha rielaborati confrontando i certificati consuntivi dal 2008 al 2012.

In media i capoluoghi prevedono ogni anno di ricevere per ogni cittadino una media di 882 euro tra tributi e tariffe e ne incassano, al massimo il 66,5%. Dato rispetto alla quale si discostano anche se di poco, Perugia e Terni. Il capoluogo di regione, infatti, conta di incassare 752 euro a cittadino e ne riscuote effettivamente solo il 64,4%, mentre Terni 644 euro ad abitante e ne “incamera” il 63,9%.

La classifica offre la fotografia di un’Italia divisa a metà: al Sud (a cui si avvicina l’Umbria) scendono le percentuali di incasso mentre al Nord crescono. Le eccezioni sono date da Aosta che è 88esima in graduatoria e da Siena al 77esimo posto, mentre tra le città meridionali più “virtuose” c’è Barletta al 13esimo posto.

L’analisi dei numeri è importante perché dal prossimo 1° gennaio entreranno in vigore nuove regole che serviranno a “correggere” i bilanci comunali spesso basati su entrate teoriche che non si trasformano in incassi realizzati. Le novità riguardano essenzialmente due punti: con la riforma dei bilanci locali si chiede ai sindaci di bloccare in bilancio un “fondo crediti” proporzionale ai buchi incontrati dalla loro riscossione negli ultimi 5 anni, con la legge di stabilità si fa rientrare questa voce nei calcoli del patto di stabilità. In sostanza con la legge di stabilità si tagliano del 70% gli obiettivi del Patto per i Comuni (1,4 miliardi contro i 4,5 attuali) ma la riforma blocca i bilanci delle amministrazioni che non riescono ad incassare.

In termini pratici: i Comuni che riscuotono meglio le loro entrate potranno godere in pieno dei nuovi bonus, gli altri dovranno “sforbiciare”.

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