Terni, Omicidio di David, Amine Aassoul doveva stare in carcere. Che cosa non ha funzionato?

TERNIAmine Aassoul, l’uomo in carcere con l’accusa di aver ucciso senza motivo David Raggi, non doveva essere libero. Da quanto sta emergendo in queste ore, in cui si continua a scavare nel passato del tunisino, pare che l’uomo avrebbe dovuto essere in carcere. Nei suoi confronti infatti sembra che pendessero una serie di condanne, emesse dal tribunale di Fermo passate in giudicato, per cui avrebbe dovuto scontare 6 anni e 8 mesi dietro le sbarre. Ed invece era libero. Libero di circolare fino alla sera del 13 marzo quando, in preda ai fumi dell’alcol e forse di droghe, ha incontrato casualmente David Raggi in piazza dell’Olmo e lo ha ucciso colpendolo mortalmente al collo con una bottiglia.

Qualcosa dunque nelle maglie della giustizia potrebbe non aver funzionato. L’indiscrezione viene confermata dall’avvocato Massimo Proietti, legale della famiglia di David Raggi che nel pomeriggio di oggi, ha tenuto una conferenza stampa e ha detto che “non c’erano i presupposti per la sospensione automatica dell’espulsione dall’Italia ottenuta dallo straniero dopo il suo ricorso seguito alla richiesta d’asilo rigettata”.

Per l’avvocato Proietti, Amine Aassoul, al momento dell’omicidio “non aveva tecnicamente più alcun titolo per rimanere in Italia”. Il legale parla alla luce della documentazione richiesta e ottenuta dal tribunale di Caltanissetta, competente a decidere sul ricorso presentato da Aassoul contro il rigetto della richiesta di riconoscimento di asilo politico.

In un documento datato 27 novembre 2014 emerge infatti che il tribunale, in attesa di dare un giudizio nel merito, aveva respinto la richiesta di sospensione del provvedimento di rigetto emesso dalla commissione territoriale di Siracusa il 15 settembre scorso.

“Le carte – sostiene il legale  – confermano quello che abbiamo sempre sostenuto. Il provvedimento di rigetto della commissione non poteva essere automaticamente sospeso con un semplice ricorso, alla luce di alcune eccezioni previste dalla legge”.

La prossima udienza per valutare nel merito il ricorso è prevista invece per il 21 aprile prossimo. Dalla documentazione raccolta negli ultimi giorni dall’avvocato Proietti emerge inoltre che il 16 gennaio 2014 il tribunale di Fermo aveva emesso un provvedimento di cumulo di pena nei confronti di Aassoul di 2 anni e 4 mesi, che non è stato mai eseguito. Nel frattempo, intanto, il cumulo definitivo è salito a 6 anni e 8 mesi, fatto che “ora scongiurerà – dice il legale – ogni eventuale pericolo di sostituzione della misura in carcere relativa al procedimento per omicidio, e quindi il rischio di fuga del marocchino”.

Per l’avvocato Proietti, “è innegabile che ci siano gravi disfunzioni, in quanto è mancato un coordinamento nel sistema. Al momento dell’omicidio Aassoul doveva essere o in galera o espulso. Le normative esistono, il problema è farle funzionare”.

Quanto alla famiglia Raggi, conclude Proietti, “prendono atto di questa situazione sconcertante con la stessa incredibile compostezza che li ha contraddistinti in queste settimane”.

Sin dalle prime ore, dopo il delitto, è emersa una lunga fedina penale di Amine Aassoul: un pesante carico di precedenti penali tanto che nella documentazione acquisita dalle forze dell’ordine si parla di “azioni che si connotano per l’elevata aggressività e la violenza”. Amine si è reso responsabile di scippi e rapine compiuti nelle Marche. Nel 2007 viene espulso e rimpatriato ma nel 2014 torna in Italia su un barcone a Lampedusa sotto falso nome. Dice di chiamarsi Amine Aziz. Sfruttando proprio le false generalità ha chiesto il permesso di asilo e nel frattempo si è trasferito a Terni dalla madre. La sua richiesta è stata respinta e lui ha ricorso contro la decisione.

 

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