Docufilm su Roberto Antiochia realizzato dalla Polizia di Stato di Terni

TERNI – La Questura di Terni ha presentato lo scorso 16 settembre a Molino Silla – Amelia il docufilm che ha realizzato dal titolo “Roberto Antiochia, la vita di un giovane ternano per la legalità”. L’iniziativa è stata organizzata in occasione della visita del Capo della Polizia Prefetto Franco Gabrielli, nell’ambito della manifestazione: #sceglilastradagiusta. Quasi 38 minuti di video che ripercorrono la vita del giovane poliziotto nato a Terni il 7 giugno 1962  e morto a Palermo il 6 agosto 1985, assassinato da Cosa nostra.

Roberto Antiochia era un agente della Polizia di Stato, nato a Terni e cresciuto a Roma nel quartiere Nomentano, dopo aver frequentato il Liceo Classico ed il Liceo artistico entra a diciotto anni nella scuola di Polizia di Piacenza e, successivamente, viene trasferito a Milano, Torino e Roma. La sua ultima destinazione, nel giugno 1983 è presso la squadra mobile di Palermo, dove lavora con Beppe Montana in delicate indagini sull’associazione mafiosa Cosa Nostra. Dopo l’omicidio di Montana, in ferie ma già trasferito a Roma, decide di partecipare alle indagini a fianco di Ninni Cassarà.

Il 6 agosto 1985, mentre accompagna il Vice Questore Cassarà presso la sua abitazione in via Croce Rossa a Palermo, un gruppo di nove uomini armati di kalashnikov, appostati nel palazzo di fronte a quello dove vive il vice questore, cominciano a sparare sull’Alfetta di scorta. Antiochia, cercando di fare scudo con il suo corpo a Cassarà, sceso dall’auto per raggiungere il portone di casa, rimane ucciso dagli spari. Cassarà, rimasto ferito dagli innumerevoli spari dei mitra, riesce a raggiungere il portone, ma spira sulle scale di casa tra le braccia della moglie Laura, accorsa dopo aver visto l’accaduto insieme alla figlia dal balcone della sua abitazione.

Il 17 febbraio 1995, la terza sezione della Corte d’Assise di Palermo condanna all’ergastolo cinque componenti della Cupola mafiosa (Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Bernardo Brusca e Francesco Madonia) come mandanti del delitto.