Giornale dell’Umbria, il Cdr: “La chiusura di un giornale è una ferita”

PERUGIA – Cronaca di una morte annunciata. E’ questo il riassunto delle vicende del Giornale dell’Umbria, quotidiano umbro da qualche giorno in liquidazione dopo una lunga agonia. Nella sede dell’Ordine dei giornalisti, il cdr del giornale insieme al presidente dell’Ordine Roberto Conticelli e alla numero uno dell’Asu (Associazione stampa umbra) Marta Cicci hanno fatto il punto della situazione, facendo anche l’agenda delle prossime settimane. Il 9 febbraio è convocato un tavolo di crisi in Regione ma il commissario liquidatore è già al lavoro. “Ora dovrà fare un’offerta ai creditori – ha spiega Umberto Maiorca, del Cdr – se questi si accontenteranno dell’offerta il giornale si liquida e si chiude. Se questo non dovesse andare in porto il liquidatore dovrà presentarsi in tribunale per dichiarare il fallimento”.

Duro il Cdr, che con una nota commenta la questione. “La chiusura del Giornale dell’Umbria è una ferita per tutti i dipendenti e per la vita democratica di questa regione. Ed è, ci sia consentito, uno scandalo per come questa chiusura si è consumata. La testata è stata messa in liquidazione dall’attuale proprietario, editore e socio unico, Giuseppe Incarnato, ma la storia di questa “morte annunciata” viene da abbastanza lontano e risale all’ultima, travagliata fase della gestione precedente legata all’imprenditore eugubino, Carlo Colaiacovo, attuale presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia”. Il Cdr chiama in causa i precedenti azionisti: Francesca Colaiacovo per la società Financo, Ernesto Cesaretti, attuale presidente di Confindustria regionale, per Scai spa, Giampiero Bianconi per Bifin srl, Giambaldo Traversini per la cooperativa TMM e la società di Incarnato rivela che l’operazione è avvenuta formalmente, nell’agosto 2015, per 50mila euro a fronte di una perdurante difficoltà economico-finanziara e della quale si assumeva la gestione completa”.

Dopo la vendita un piano industriale rimasto solo una chimera e un direttore che ha scelto di non presentarsi ai lettori. Quindi il riferimento alle iniziative editoriali che “hanno solo aggravato la grave condizione finanziaria e peggiorato l’organizzazione del lavoro quotidiano attraverso la sottrazione di forza lavoro dal quotidiano cartaceo, unica fonte di ricavi da vendite e da pubblicità. La redazione ha censurato a più riprese iniziative scellerate come “Caccia all’errore”, il depauperamento delle pagine dei comprensori, il taglio dei collaboratori, l’eccessivo spostamento dell’attenzione su contenuti di carattere nazionale che ben poco hanno a che vedere con il carattere regionale del quotidiano”. L’editore ha rinunciato immediatamente al contributo statale (nel corso di 13 anni di attività editoriale la società Geu1819 ha usufruito di una cifra che si aggira intorno ai 20 milioni di euro) per l’editoria, salvo poi trovarsi in difficoltà nel pagare gli stipendi di novembre e le tredicesime proprio a causa di un ritardo nell’accredito delle somme spettanti per il 2014.

I giornalisti si chiedono anche il motivo per cui, quando a fare le trattative erano stati loro in prima persona, cercando di costituire una cooperativa, il prezzo richiesto era stato l’intero ammontare del Tfr. Poi la domanda alla vecchia proprietà: “Sapevano a chi vendevano o no?”.  Il Cdr, il personale giornalistico e poligrafico del Giornale dell’Umbria “denunciano quella che si può ben donde definire una triste e brutta storia. Fanno altresì appello alle istituzioni locali e nazionali, alle forse politiche, sociali e imprenditoriali, alla parte “sana” di questa regione affinché l’esperienza del Giornale dell’Umbria non finisca ineluttabilmente in questo modo. E venga così dimenticata. Sarebbe un “delitto” imperdonabile. E se si tratta di un “delitto” il personale giornalistico e poligrafico auspica che venga perseguito dagli organi competenti. Al tal fine è stata avviata una procedura di valutazione, da parte di un avvocato, di eventuali illeciti di qualsiasi natura”.

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